Nonostante le tante ricostruzioni storiche della retata del 16 ottobre 1943, non esistono immagini che raccontino direttamente ciò che stesse accadendo. Eppure un illustre racconto iconografico esiste e costituisce una preziosa testimonianza: sono le opere del pittore Aldo Gay (1914-2004), fortunosamente sopravvissuto al rastrellamento. Appassionato di disegno, ritraeva tutto ciò che si trovava davanti. Così fu anche quel 16 ottobre: con i suoi disegni Gay ricostruì la vicenda, lasciando una testimonianza eloquente del dramma in corso. Una serie di opere raccolte nel catalogo “16 ottobre 1943. Gli occhi di Aldo Gay”, Marcello Pezzetti, Umberto Gentiloni Silveri (a cura di), 2007. Shalom ha intervistato il figlio Sandro Gai.
Che ispirazione aveva suo padre nell’affrontare i soggetti che ritraeva nelle proprie opere?
La sua ispirazione credo sia venuta dalla consapevolezza di voler lasciare traccia di tutto quello che stava vedendo e vivendo. Era certo che i suoi schizzi, rapidi e dal tratto frenetico, rappresentavano scene vere e crude, che la storia non avrebbe potuto cancellare. Immagini di forte impatto emotivo. Da questa sua spinta è nata l’esigenza di non tralasciare nessun piccolo particolare di tutto quello che stava succedendo da quel maledetto 16 ottobre. Successivamente si preoccupò anche di rappresentare nelle sue tavole le storie di coloro con cui era venuto a contatto (parenti, amici e conoscenti) perché chiunque nelle generazioni future potesse ritrovarvi una storia che gli apparteneva, come ad esempio il lancio nel vuoto della Signora Gina Ottolenghi abbracciata alla figlia Giulia per non cadere in mano ai tedeschi, oppure quella di Lello Di Nepi trascinato via pur essendo gravemente malato.
Sul 16 ottobre 1943 si è detto e scritto tanto: che valore aggiunto rappresentano le opere di Aldo Gay in questa narrazione e nella conservazione della memoria?
È vero abbiamo avuto molte testimonianze soprattutto di ex deportati, ma mai immagini che fissassero a caldo gli eventi come una macchina fotografica. Questo per me è il valore aggiunto che rappresenta l’ineguagliabile opera di mio padre. Anni fa ho pubblicato un libro, in parte scritto ed in parte illustrato, dal titolo “Mio Dio perché? In fuga con blocco e matita” dove ho raccontato le storie di salvati e salvatori rappresentate nei suoi disegni al fine di raccogliere gran parte di queste opere per conservarle in un’unica memoria universale.
Le opere di Aldo Gay raccontano storie individuali ma aiutano a ricostruire una storia generale: come avviene questa connessione?
La connessione è facile da spiegare, ogni immagine potrebbe essere il racconto di tante altre persone. La storia di un uomo e della sua famiglia rappresenta simbolicamente quella di un’intera comunità, una fuga ha voluto rappresentare tutte le fughe così come una circostanza di pericolo per qualcuno si è rispecchiata con le stesse modalità nella vita di molti altri. Vi faccio notare come i volti sfumati e cerulei rappresentati nel quadro “16 ottobre 1943” o nel disegno raffigurante l’arresto della famiglia Sabatello sono i volti di tutte quelle persone che purtroppo furono destinate a quella atroce sorte.
A distanza di 80 anni, che funzione rivestono queste immagini nel ricostruire la tragica pagina della deportazione degli ebrei romani?
Ora che purtroppo le voci di chi poteva portare una viva e sentita testimonianza stanno una dopo l’altra assottigliandosi tale materiale con il passare del tempo assume sempre più valore. I suoi disegni a matita, a china o a carboncino hanno fermato nel tempo un pezzo di storia con una capacità di raccontare ciò che è impossibile negare. Riflettiamo che per i giovani queste sono un elemento importante per la comprensione di questa pagina buia della storia. Quando mi capita di andare nelle scuole noto un sincero coinvolgimento e interessamento dei ragazzi ai quali ho sentito fare domande pertinenti al fine di capire al meglio la Shoah di Roma. Infatti con grande soddisfazione ho presenziato ad una recita il giorno della Memoria, di una scolaresca liceale di Olevano Romano, che interpretava appunto le storie rappresentate nei disegni. Molti sono e saranno i progetti che attraverso queste tavole intendiamo realizzare. Ricordando le parole di mio padre, ognuno di noi ha il dovere di non dimenticare e non far dimenticare.
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