Dopo l’esordio letterario con il romanzo “Il caso Kaufman” (Bur Rizzoli) Giovanni Grasso, giornalista, parlamentare e consigliere del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella per la stampa e la comunicazione, torna a sorprendere i lettori raccontando le vicende dell’eroe antifascista Lauro De Bosis, nel suo nuovo romanzo “Icaro, il volo su Roma” (Rizzoli).
Lauro De Bosis fu poeta dandy e fervente antifascista. Morì tragicamente cadendo a picco a bordo di un piccolo aereo nel Mar Tirreno, un areo divenuto il mezzo attraverso cui De Bosis aveva distribuito volantini contro il regime fascista. Al centro della narrazione, la storia d’amore tra Lauro e l’attrice newyorchese Ruth Draper 17 anni più grande di lui, una donna colta e passionale.
Una vicenda che si dipana tra una Roma violenta, piegata dal regime fascista, Parigi, Londra, fino ad arrivare ad una New York divisa tra il Jazz, il proibizionismo e la Grande Depressione. Un romanzo storico che porta alla luce una vicenda realmente accaduta, ma poco nota, restituendo al lettore un importante spaccato dell’Italia fascista. Una storia d’amore e di coraggio anima le pagine descritte da Grasso, che sottolineano l’importanza di combattere per la libertà senza piegarsi mai alle ingiustizie, ad ogni costo.
Shalom ha intervistato l’autore per parlare del suo nuovo romanzo, e dell’importanza di usare la finzione letteraria per riportare alla luce le grandi pagine, talvolta dimenticate, della storia del Novecento.
Da dove nasce l’idea di raccontare gli eventi narrati nel suo nuovo libro “Icaro, il volo su Roma”? E soprattutto è ispirato ad una storia realmente accaduta?
Quella di Lauro de Bosis è una storia vera, anche se poco conosciuta. Il 3 ottobre di 90 anni fa, nel 1931, il giovanissimo poeta (aveva solo trent’anni) dopo aver preso poche ore di lezione di volo, riusciva a bordo del suo aereo, a sorvolare la capitale e a gettarvi sopra 400000 volantini antifascisti. Fu uno smacco cocente per Mussolini, per la sua aeronautica e per i suoi servizi segreti, che davano la caccia a Lauro per tutta Europa. Il gesto intrepido che de Bosis pagò con la vita: il suo aereo si inabissò del Tirreno nel tentativo disperato di raggiungere la Corsica. Ho incontrato il personaggio Lauro De Bosis, per la prima volta, una ventina di anni fa, quando fui incaricato dell’Istituto Sturzo di pubblicare il carteggio tra Don Sturzo e Gaetano Salvemini. I due esuli furono i numi tutelari di Lauro, che incontrarono diverse volte a Londra, a Parigi o in America. E nelle loro lettere di parla molto di lui. Da quel momento ho cominciato a raccogliere informazioni, documenti, cimeli, lettere, testimonianze, sia di Lauro che della sua straordinaria compagna, l’attrice di teatro americana Ruth Draper.
Il mio libro è un romanzo, quindi contiene molte parti di fantasia, ma per quanto riguarda l’impresa antifascista del volo su Roma si mantiene – e non poteva essere diversamente – fedele alla storia reale del suo protagonista.
Questo suo secondo libro nasce nuovamente dall’esigenza di raccontare le vicende che hanno segnato la storia del Novecento, i racconti di finzione possono essere uno strumento per raccontare la verità storica?
Sicuramente il romanzo storico, per la sua agilità di lettura, per il suo stile, per la sua capacità di evocazione, può avere una maggiore possibilità di diffusione di un saggio storico, in genere riservato a una non ampia platea di specialisti. Premesso questo, romanzo e saggio sono due generi completamente differenti. Entrambi importanti e utili per approfondire la conoscenza storica e per ricostruire atmosfere. Al saggio è sicuramente richiesto un rigore assoluto nell’uso delle fonti, nelle citazioni, che al romanzo è in qualche modo condonato.
Nel momento storico in cui viviamo, sembra che il fascismo, e specialmente l’antisemitismo, non sia sparito, anzi con sembianze diverse si stia risvegliando, cosa ne pensa? Pensa che la letteratura possa rappresentare uno strumento utile per contrastarlo?
Io sono convinto che il fascismo non rinascerà così come l’abbiamo conosciuto nel secondo ventennio del secolo scorso. Non avremo, dunque, i balilla, le camicie nere, le prove ginniche, le sfilate, ecc. Io credo, però, che prima ancora di essere una ideologia, il fascismo sia una tentazione insita nell’animo umano: la tentazione di tagliare i nodi, invece di scioglierli; di semplificare le cose complesse, di risolvere – invece che con l’ascolto, la pazienza, il diritto – con la prepotenza, la violenza e l’arbitrio le tante controversie e i tanti problemi di cui è costellata la vita dell’uomo. Il fascismo non fa i conti con la diversità, che è spesso ricchezza, ma la perseguita, cercando di annientarla. Da qui l’odio per il pluralismo, la libertà di opinione, i gruppi etnici e religiosi diversi dal proprio. E l’idolatria del Capo che, in quanto tale, non sbaglia mai e pretende fedeltà assoluta sino alla morte. Credere, obbedire e combattere significa la totale spersonalizzazione dell’uomo, che diventa un automa nelle mani del suo capo. A me piace pensare che la modernità si basi su concetti antitetici: dubitare, criticare e pacificare. E l’arte – tutta l’arte, non solo la letteratura – la cultura, la conoscenza sono gli antidoti più potenti contro il risorgere di ideologie nefaste che hanno lasciato una cupa e terribile impronta nella storia recente dell’umanità.
La presentazione del libro di Giovanni Grasso, organizzata dal Centro di Cultura Ebraica, si terrà oggi presso la Casina dei Vallati, nel cuore del Portico D’Ottavia. Ad intervenire alla presentazione: la Professoressa Mirella Serri e il Dottor Alberto Sonnino, psichiatra e psicoanalista. Con saluti di Ruth Dureghello, Presidente della Comunità ebraica di Roma, e Mario Venezia, Presidente della Fondazione Museo della Shoah.