“Per noi questa terra è sacra, perché qui sotto ci sono tanti resti umani mischiati alla terra. Per questo il nuovo museo che stiamo costruendo, verrà realizzato senza fondazioni profonde, per non disturbare il suolo.” Le parole del giovane vice Direttore del Babyn Yar Holocaust Memorial Center Ruslan Kavatsiuk – durante un un’intervista per il Tg2 Dossier – raggelano il sangue se possibile ancora di più mentre nell’area del burrone di Babyn Yar, all’imbrunire, nevica sempre più forte.
Il burrone alle porte di Kiev, che il 29 e il 30 settembre 1941 viene scelto dai nazisti e dai collaborazionisti ucraini per compiere la più grande fucilazione di massa della seconda guerra mondiale, oggi è inserito in un quartiere all’interno della capitale ucraina. La “gola di Babyn Yar” che la ferocia nazista trasformava nella più grande fossa comune d’Europa ora è un grande parco pubblico dove la gente viene a camminare, a portare i cani a passeggio, a fare barbecue, un luogo dove si tengono grandi eventi. Ancora pochi sanno cosa è avvenuto pochi giorni dopo l’arrivo dei nazisti qui a Kiev: il 28 settembre compaiono manifesti che impongono a tutti gli ebrei della città di recarsi il giorno dopo vicino al cimitero portando con sé “i propri documenti, danaro, valori, vestiti pesanti, biancheria.” Pena la fucilazione. Rispondono alla convocazione oltre 34 mila persone, che pensavano di venire caricate su treni e deportate e invece vengono orribilmente massacrati.
Persone inermi vengono fatte spogliare, picchiate selvaggiamente, uccise a colpi d’arma da fuoco. Impossibile scappare. I feriti vengono uccisi con le pale, i bambini gettati nella fossa ancora vivi e sepolti con i cadaveri. Alcuni ucraini offrono nascondigli ai perseguitati, altri denunciano la loro presenza facendoli catturare. Nel rapporto ufficiale numero 101 della famigerata “Einsatzgruppe C” del 2 ottobre 1941 si legge: “La popolazione ha un atteggiamento estremamente ostile nei confronti degli ebrei. L’azione è stata condotta con facilità e non vi è stato alcun incidente. La popolazione ha approvato il piano di trasferimento degli ebrei in un’altra località. E’ difficile che si sia saputo che gli ebrei, in realtà, sono stati liquidati. In ogni caso stando all’esperienza sinora acquisita, ciò non provocherebbe alcuna reazione.”
L’orrore non finirà il 30 settembre. Anche nelle settimane e nei mesi successivi continueranno massacri di ebrei, oppositori politici, malati mentali, rom e sinti. Almeno 100 mila le vittime, molte ancora senza un nome. I nazisti cercheranno poi di cancellare le tracce dei loro crimini, facendo riesumare i corpi e trasformando l’area in un enorme crematorio. Dopo la guerra su Babyn Yar si abbatterà la censura imposta dal regime sovietico che in odio agli ebrei, cancellerà la natura antisemita del massacro, imporrà il silenzio su un episodio classificato genericamente come “eccidio di civili sovietici da parte di banditi nazisti.” In epoca sovietica il burrone viene riempito con rifiuti, scarichi industriali. A ridosso della Gola di Babyn Yar viene costruito un grattacielo, poco distante una grande torre della televisione, un campo di calcio. Un monumento sovietico ai “cittadini sovietici” uccisi viene realizzato ad un chilometro dal luogo dell’eccidio.
Sarà un artista a rompere per primo il silenzio: il poeta Evgenij Evtushenko, vent’anni dopo, nel 1961. La sua poesia “Babyn Yar” verrà condannata dal regime sovietico ma farà ugualmente il giro del mondo. Ma solo dopo la caduta del Muro di Berlino nel 1989 si comincerà davvero a parlare di quei giorni maledetti di settembre. Qui, la Fondazione nata nel 2016 sta lavorando d’accordo con il governo per realizzare quello che diventerà uno dei più grandi Memoriali della Shoah al mondo. Il giovane rabbino Ariel Markovich afferma: “80 anni fa vennero persone dall’estero per ucciderci. Oggi il mondo è molto cambiato, la gente non solo non ci odia ma ci apprezza. Posso portare la kippà senza problemi.” L’ebraismo ancora una volta è rinato in questa terra che ha dato i natali al Baal Shem Tov. Di questo, e di altro, si parla nel Tg2 Dossier “L’abisso del male” in onda su Raidue Sabato 12 febbraio ore 23.30 e in replica domenica 13 febbraio ore 10.