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    Mondo

    “The New Barbizon”: gli artisti israeliani in mostra a Manhattan

    La FORMah Gallery, situata nel vibrante Lower East Side di Manhattan, è diventata una sorta di faro di “empowerment” per gli artisti israeliani, specialmente alla luce del recente conflitto. Logicamente, la galleria ha inaugurato la mostra “The New Barbizon”, che presenta le opere di tre artisti israeliani nati in Russia, creando così uno spazio dove arte e cultura si intersecano, favorendo un senso di comunità e comprensione.

    Della nuova esposizione parla The Times Of Israel, raccontando, tramite la proprietaria della galleria, Maryna Kaliner, come “ogni israeliano che entra qui dice che sembra che l’arte li abbracci”. Maryna, nata in Russia, cresciuta a Haifa e attualmente residente a New York, ha cercato di restituire calore e familiarità all’arte e agli artisti israeliani a seguito dell’attacco di Hamas del 7 ottobre. 

    La mostra propone le opere di Olga Kundina, Anna Lukashevsky e Natalia Zourabova, tre artiste israeliane di origine russa che, insieme ad altri pittori, compongono il New Barbizon Group, nome che trae ispirazione dalla Scuola di Barbizon dei pittori francesi del XIX secolo.

    Inaugurata il 13 giugno e in programma fino al 20 luglio, “The New Barbizon” mette in luce le identità vibranti e sfaccettate di questi artisti. Le loro opere racchiudono scene familiari e toccanti per gli israeliani, ritraendo spazi di Tel Aviv e Giaffa. Questa rappresentazione culturale offre un senso di casa e appartenenza, risuonando anche nei visitatori non familiari con Israele, i quali hanno avuto “delle reazioni migliori di quanto mi aspettassi”, afferma Maryna.

    La selezione di questi artisti da parte di Kaliner è intenzionale, con l’obiettivo di mostrare le identità sfumate di essere ebrei, israeliani e russo-ucraini, in particolare nel contesto delle loro esperienze negli Stati Uniti. La galleria, con il suo aspetto industriale, viene trasformata dai dipinti ad olio colorati e caldi che adornano le sue pareti, riflettendo così la quotidianità nell’arte.

    Ogni artista porta una prospettiva unica. “Nika (A first home at the motherland)” di Lukashevskyritrae una donna accanto a una lavatrice, simbolizzando l’afflusso di immigrati russi e ucraini in Israele dopo la guerra del 2022. “Shabbat, 2024″ di Kundina raffigura un uomo ultra-ortodosso nel sud di Tel Aviv, un luogo spesso scambiato per Brooklyn dai visitatori della galleria. Le opere di Zourabova, caratterizzate da verdi e blu profondi, si concentrano su spazi domestici intimi, sulle persone e sulle loro espressioni.

    La proprietaria della galleria osserva l’impatto potente che queste opere hanno sui visitatori, spesso evocando discussioni che trascendono l’arte e si addentrano nella politica. Nonostante la paura iniziale, dovuta anche a quanto è accaduto in altre gallerie più grandi, Maryna ha inaugurato la mostra, guidata dal desiderio di contrastare i sentimenti anti-israeliani e antisemiti che ha incontrato a New York. La galleria è diventata dunque una piattaforma per comunità diverse, inclusi israeliani, ebrei, russi e residenti locali del Lower East Side, oltre che pittrici femministe, per entrare in contatto con l’arte e la cultura israeliana.

    “La conversazione sulla politica interna israeliana è personale e dovrebbe rimanere all’interno del paese, mentre l’immagine presentata al resto del mondo dovrebbe essere quella di israeliani forti e patriottici”, afferma Maryna. La FORMah Gallery non solo cerca di fornire un rifugio per gli artisti israeliani, ma promuove anche un dialogo più ampio sull’identità, la politica e la comunità. “Penso che se posso cambiare una mente per essere più tollerante, allora ho vinto”. Tramite questa mostra l’arte è diventata un mezzo di empowerment e connessione, anche in un clima socio-politico sfidante.

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