A Palazzo Salviati, ex Collegio Militare, oggi Centro Alti Studi per la Difesa (CASD), si è svolta anche quest’anno la cerimonia di commemorazione dell’anniversario della deportazione degli ebrei romani nei campi di sterminio organizzata dall’’Associazione Ricordiamo insieme. Dopo il rastrellamento del 16 ottobre del 1943, gli oltre 1000 ebrei furono rinchiusi per due giorni proprio in questo edificio in Via della Lungara a Roma, prima che dalla stazione Tiburtina partissero verso Auschwitz.
Il cortile è stato illuminato da candele accese dai presenti in memoria dei tanti che morirono patendo le sofferenze della crudeltà nazista. Sotto i portici è stato proiettato il video “Quanta Memoria Ancora” e i presenti hanno ascoltato i nomi di tutti i deportati. La cerimonia è stata intervallata da numerosi interventi e dai canti del Coro HaKol.
«I testimoni ci stanno lasciando un’eredità morale che dobbiamo affrontare con empatia e soprattutto con intelligenza» ha spiegato Rivka Spizzichino (Associazione Ricordiamo Insieme), che si è soffermata sulla necessità di affrontare il tema della memoria con le nuove generazioni.
L’Ambasciatore d’Israele presso la Santa Sede Raphael Schutz è intervenuto distinguendo la memoria individuale da quella collettiva. In particolare ha evidenziato che quest’ultima dovrebbe «prepararci e darci la consapevolezza che qualcosa di così terribile è successo nel passato, e aiutare a far sì che non riaccada mai più. Sfortunatamente, 80 anni dopo abbiamo visto che in alcuni il desiderio di vedere un mondo senza ebrei esiste ancora. Abbiamo tragicamente visto cosa accade quando gli ebrei vengono presi di sorpresa». «Quando ci incontriamo in questi eventi per commemorare la Shoah qui in Italia o ovunque nel mondo diciamo “mai più”: questo mai più è adesso» ha concluso il diplomatico.
Anche l’Ammiraglio Giacinto Ottaviani, presidente del CASD, ha constatato come «purtroppo siano ancora attuali gli orrori» già visti in passato. Era presente alla cerimonia anche il Rabbino Capo di Roma Riccardo Di Segni: «Quest’anno ci eravamo preparati al ricordo dell’ottavo decennio della deportazione degli ebrei di Roma, una data che sarebbe stata occasione importante di riflessione. Il dramma del 7 ottobre ci ha riportato indietro alle memorie più sconvolgenti del passato. La Shoah si è distinta per il suo accanimento contro il popolo ebraico e per la sua tecnologia, ma l’odio antiebraico si è periodicamente espresso con stragi non meno feroci. E noi l’abbiamo visto ricomparire in un momento in cui pensavamo che non sarebbero più successe certe cose».
Claudio Procaccia, direttore del Dipartimento per i Beni e le Attività Culturali della Comunità Ebraica di Roma, ha proposto un inquadramento storico su fascismo nazismo mettendo in luce l’importanza del consenso durante il ventennio. «Quante forme di quell’esperienza del ’900 abbiamo dentro di noi e quanti di quei pregiudizi ancora strisciano e poi emergono?» domanda al pubblico.
La serata si è conclusa con la commovente testimonianza di Leo Limentani, che ha raccontato ai presenti la storia del padre, Settimio, arrestato a Via dei Giubbonari 30, dove viveva, deportato in Polonia dove è sopravvissuto ai campi di sterminio nazisti.