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    Bereshit-La Genesi spiegata al Salone del libro di Torino da Elena Loewenthal

    “La donna viene al mondo dopo l’uomo, proprio perché se ne sente la mancanza. La sua creazione è frutto di una vera necessità”. Così la scrittrice e traduttrice Elena Loewenthal ha condiviso, durante un incontro al Salone Internazionale Del Libro di Torino, una particolare riflessione su Bereshit-La Genesi: la prima parte della Torah, ovvero la Bibbia ebraica. “Un libro che ti suscita delle domande e ti mette difronte alla complessità, che per la tradizione ebraica è una benedizione, e non una riduzione. La Torah, la bibbia ebraica è di fatto il testo più “annotato a margine” del mondo” apre così il suo intervento Loewenthal. Una riflessione profonda sulla creazione del mondo, sulla necessità di cercare D ma soprattutto sulla figura della donna.

     

    Un mondo creato perfettamente in sette giorni, ex nihilo, dal nulla, grazie alla parola. “Bereshit”, la prima parola con cui comincia la Torah, una parola che, come specifica la scrittrice, significa proprio “testa”, “capo”. Con il principio, in realtà, come molti rabbini ci indicano. Una parola emblematica, che apre tante domande e tanti spunti di riflessione, e che tradotta dall’ebraico permette una molteplicità di chiavi di lettura. “L’ebraico è una lingua essenziale, ma non per questo è avara. Tutto quello che dice in poco è come un invito a moltiplicare la parola. Così, queste poche frasi che raccontano la creazione, sono, non a caso, le pagine più commentate della storia – spiega la traduttrice- proprio questa lingua essenziale chiama la moltiplicazione della parola, concedendo a chi legge e a chi scrive la libertà. La lettura e la scrittura sono uno straordinario esercizio di libertà” prosegue.

     

    Al termine, o quasi della creazione però c’è solo una cosa che D. non crea con la sua parola, ovvero l’uomo. “La creazione dell’uomo viene descritta due volte nella Torah. Come mai in un testo divino, dettato da D, ripete una cosa che ha già descritto? – condivide Loewenthal. Qui, avviene qualcosa di straordinario, perché la seconda volta che nella bibbia troviamo la descrizione della creazione dell’uomo “D. prende della Terra e forma l’uomo. Il suo stesso nome Adam proviene dalla radice Adama, terra appunto. Ma può voler dire anche rosso, cioè Adom “precisa la scrittrice. Tutto il mondo è stato creato attraverso la parola, e l’uomo nasce invece dalla materia. Successivamente però, D gli insuffla nelle narici la vita. Tutta la creazione è dunque conclusa, e l’uomo rappresenta una postilla a tutto ciò”.

     

    Ma l’unica creatura che D. crea con le sue mani e con il suo spirito, ha bisogno di qualcosa in più per essere completo, ha bisogno di qualcuno che stia lui di fronte, secondo la traduzione della Torah. Qualcuno da guardare, qualcuno attraverso cui riconoscersi: Eva, una donna.

     

    “Credo che una delle cose su cui dobbiamo interrogarci sia proprio questa subalternità della donna, perché creata dopo, e creata da una parte del suo corpo. Io vorrei provare a vedere tutto ciò da un punto di vista diverso- spiega Elena Loewenthal – “la donna è vero, viene creata per ultima. Però forse c’è anche da considerare che più fai una cosa, e meglio ti viene, possiamo considerare che la donna sia venuta meglio? non è un assioma, è un dubbio”.

     

     C’è dunque un aspetto da considerare della creazione del mondo, un aspetto stimolante dal punto di vista femminile ma anche generico cioè l’idea che la donna sia l’unica creazione, che, come cita la scrittrice, dice la scrittrice Susan Sontag, nasce dal desiderio, nasce dalla mancanza. Adamo ha bisogno di qualcuno che gli stia di fronte, la donna viene al mondo perché se ne sente la mancanza. “Beh, è ovvio che in tutto questo c’è una portata di femminismo, lo ammetto, però il testo parla e ci fa parlare. E tutti noi siamo tenuti a vedere le cose da un punto di vista diverso da quello che pensiamo sia l’unico, perché non è mai unico” aggiunge la scrittrice.

     

    Si giunge poi a discutere del tanto controverso passaggio dell’assaggio del frutto proibito, il principio di colpa che ha accompagnato per secoli, l’essere umano, in particolare la donna. “Pensiamo però a una cosa: la creazione della donna è al capitolo 2 versetto 20 della Genesi. La proibizione legata al mangiare il frutto cade al capitolo 2 si, ma al versetto 17. Questo significa dunque che la donna non esisteva ancora. Non dico che la donna non abbia responsabilità ma in quel momento lei ancora non esisteva” spiega Loewenthal. Un frutto che li condurrà ad avere la consapevolezza della morte, un frutto che ci ha permesso ancora oggi di domandarci chi siamo. Non è un caso, che dopo aver assaggiato il frutto D. cerca Adamo ed Eva, domanda loro dove sono. D chiede all’uomo “Aiecha, ovvero dove sei?”. “Io credo che tutta la storia stia racchiusa in questa domanda “Aiecha” una domanda che D. rivolge all’uomo e che l’uomo rivolge a D” aggiunge Loewenthal. Così Adamo esce fuori, si fa trovare perché infondo sa che quella stessa domanda l’uomo la rivolgerà molto spesso a D.

     

    Un interessante spiegazione della Torah, che apre interrogativi esistenziali e rende tutti uguali di fronte alle grandi domande della vita e della religione. Davanti ad un pubblico attento Elena Loewenthal ha tentato di dar voce a una delle parti più criptiche della Bibbia, portando al Salone Internazionale del Libro, una personale e particolare spiegazione del libro più importante di tutti i tempi.

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