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    Il 16 ottobre del ’43 e il dovere di conoscere la storia

    16 Ottobre 1943- il Sabato nero- alle 5,15 le SS iniziano il rastrellamento degli ebrei nella zona del vecchio ghetto di Roma. 1024 le persone catturate, uomini, donne, vecchi, malati e 200 bambini: torneranno 16 persone, una sola donna (Settimia Spizzichino) e nessun bambino.

     

    La conseguenza diretta di una sciagurata stagione culminata nel 1938 con l’entrata in vigore delle leggi razziali (o più propriamente razziste) che distinguevano gli esseri umani in razze superiori dominanti e inferiori da sfruttare e/o eliminare. Il passaggio dalla persecuzione dei diritti alla persecuzione delle vite fu progressivo e inevitabile.

     

    Quasi tutte le cerimonie in ricordo di questo giorno si concludono con il fermo proposito espresso dalla frase “mai più”. Ma perché tale proposito non rimanga confinato nella retorica della commemorazione e possa invece avere pratica realizzazione abbiamo il dovere di comprendere e ricordare i passaggi attraverso i quali il nazifascismo è potuto arrivare al potere e annientare ogni forma di diritto.

     

    Un percorso difficile perché tocca il tema della responsabilità individuale, della responsabilità delle proprie azioni e quello sempre attuale della facile e pericolosa manipolazione delle masse.

     

    Il monito che dovrebbe scaturire dal 16 ottobre è stato ascoltato e raccolto?

     

    Allora a predominare fu l’indifferenza individuale e collettiva. Una condizione che purtroppo riaffiora anche oggi perché dietro frasi come “prima noi europei, prima gli italiani” si può celare quella “infezione latente” di cui parlava Primo Levi nel libro “Se questo è un uomo”: ”A molti, individui o popoli, può accadere di ritenere più o meno consapevolmente che ogni straniero è nemico. Per lo più questa condizione giace in fondo agli animi come una infezione latente… la storia dei campi di distruzione dovrebbe venir intesa da tutti come sinistro segnale di pericolo” perché dalla ostilità verso il diverso si può passare al razzismo passando per le forme più sottili e subdole di esclusione e violenza calpestando così il diritto di ogni essere umano a vivere in dignità.

     

    Nazifascismo ed ebraismo non potevano non entrare in rotta di collisione in quanto antitetici: nella tradizione ebraica non esistono valori diversi per la vita di ciascun essere umano perché tutte hanno la stessa sacralità.  Qualsiasi distinzione relativa alla nazionalità, al colore della pelle, alla religione, all’età, allo stato di salute o altro infrangerebbe il principio di uguaglianza tra gli esseri umani.

     

    Non a caso la Bibbia, per definire il primo essere umano utilizza il termine Adam questa parola esiste solo al singolare proprio per affermare che tutti gli esseri umani sono fratelli.

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