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    9 di Av. Un giorno di digiuno e riflessione spirituale

    Da sabato 21 al tramonto fino a domenica sera il popolo ebraico ricorda la distruzione a Gerusalemme del Primo Tempio, avvenuta nel 586 a. C. da Nabucodonosor, re di Babilonia e quella del Secondo Tempio, nel 70 D.E.V. da Tito, imperatore romano. Questa data segna anche l’inizio dell’espulsione degli Ebrei dalla Spagna nel 1492. Il 9 di Av è il giorno di lutto più celebrato del calendario ebraico. L’importanza della ricorrenza è dovuta a un insieme di fattori che possiamo racchiudere in quattro punti fondamentali: la centralità di Gerusalemme nella tradizione biblica e nella storia ebraica, il riferimento del Santuario per la vita religiosa come descritto dalla normativa rabbinica, il rapporto cultuale e diretto con Hashem del Sommo Sacerdote e il ruolo fondamentale interpretato del popolo ebraico che viveva unito in terra di Israele. Con la realtà dell’esilio da tale condizione si è venuta a creare una vitalità dell’ebraismo che, seppur vivendo tra alti e bassi stagioni di vitalità e dinamismo, produzione esegetica e culturale alternata a persecuzioni e condizioni di vita subalterna, non ha potuto vivere a pieno la sua identità come prescritto nella Torah. Tisha BeAv ( il 9 di Av ) ogni anno ci riporta a questa consapevolezza che, attraverso il digiuno per 25 ore dal bere e dal mangiare associato ad altri divieti, viviamo per l’intera giornata con costrizione fisica e riflessione spirituale. Gerusalemme è il tema ricorrente della giornata, suggellando il monito che ci viene descritto nel salmo 137, verso 5: “ Se ti dimenticherò, Gerusalemme, si paralizzi la mia mano destra”. Ogni momento della giornata, non solo di Tisha BeAv, ma di tutto l’anno, è contraddistinto dal ricordo di Gerusalemme. Nelle tre preghiere quotidiane ricordiamo la città di David. La nostra posizione fisica deve essere rivolta verso la città di Gerusalemme da qualsiasi punto della terra noi preghiamo. E il giorno del matrimonio l’ultimo atto della cerimonia è caratterizzato dalla rottura del bicchiere che ci deve riportare alla distruzione del Santuario. Perché Gerusalemme nella tradizione è lo spazio dove si svolgono i momenti cruciali della vita umana, universale ed ebraica: lì viene creato il primo uomo, lì avviene la legatura di Isacco, lì viene costruito il Santuario, e lì avverrà la redenzione messianica, Insomma il monito è che senza una Gerusalemme ricostruita l’umanità, il popolo ebraico e l’ebreo nella sua individualità non è nel pieno della sua coscienza e completezza: con se stessi, nel rapporto con il prossimo, con la collettività, con il Creatore e con lo spazio circostante. Cosi è scritto: “Chi fa lutto per Gerusalemme avrà il merito di vederne la gioia” come è detto: “Gioite per Gerusalemme… ….tutti coloro che per lei sono in lutto” (Isaia 66:10)( Talmud Babilonese Bavà Batrà 60B).

                                                                               

                                                                                                              Jonatan Della Rocca

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