La Provincia Autonoma degli Ebrei Russi (in lingua russa, Evrejskaja avtonomnaja oblast, mentre in Yiddish è chiamata Yidishe avtonome gegnt) fu creata da Stalin nel 1934 nell’ambito del progetto politico volto a dare un territorio ad ogni etnia dell’Unione Sovietica. A questo proposito, è interessante notare che gli ebrei erano considerati al pari di popolazioni quali, ad esempio, i tatari, gli ucraini e i ceceni. Quindi non un gruppo culturale, ma una etnia vera e propria.
Si tratta di un territorio esteso per 36mila chilometri quadrati, una remota località siberiana, caratterizzata da paludi ghiacciate, permafrost e terra dura, abitata (stando alle statistiche del 2006) da circa 186.541 persone. Era chiamata originariamente Birobidžan (dai due affluenti del fiume Amur che l’attraversano: Bira e Bidžan). Oggi è il nome della sola capitale.
I motivi per i quali Stalin decise di costruire questa speciale area di residenza vanno ricondotti alla situazione drammatica in cui si trovarono gli ebrei all’inizio del XX secolo e in particolare durante la Prima rivoluzione russa del 1905. Infatti, a seguito della sconfitta dell’impero zarista nella guerra con il Giappone, circa 800 ebrei vennero uccisi. Anche durante la rivoluzione sovietica del 1917 si registrarono enormi violenze nei loro confronti da parte delle popolazioni locali. Proprio durante la guerra civile, che infuriò fino al 1921, circa 200mila ebrei persero la vita.
Data l’irrisolta “questione ebraica”, Stalin instituì un Comitato per la sistemazione fondiaria dei lavoratori ebrei (1924), che aveva, fra gli altri scopi, quello di creare un’alternativa al sionismo. Tale programma trovò addirittura sostenitori degli Stati Uniti grazie all’Organization for Jewish Colonization in Russia (fondata sempre nel1924).
Il tentativo aveva visto la promozione di insediamenti agricoli ebraici prevalentemente in Ucraina e in Crimea. Nel 1926 Stalin progettò il trasferimento di ben 96mila famiglie, anche grazie ad un consistente contributo americano, in quella che sarebbe dovuta diventare una sorta di “California di Crimea”. Il progetto trovò l’ostacolo delle popolazioni locali che non videro con favore la crescente prosperità che avevano ormai raggiunto molti ebrei e dettero vita ad una serie di disordini.
Pertanto, l’idea di creare una provincia autonoma fu una sorta di “piano B” per trasferire gli ebrei a oltre 8mila Km a est di Mosca, in un’area altamente inospitale e con ridotti insediamenti umani. Il programma fu sostenuto anche dall’American Committee for the Settlement of Jews in Birobidjan, costituito nel 1934. Infine, nel 1936, l’abolizione dell’ateismo di Stato nell’Unione Sovietica a favore della libertà di culto contribuì ad aprire la strada per l’oblast ebraico.
Ciononostante, l’area non vide mai la massiccia presenza di ebrei e questo va ascritto ad una molteplicità di fattori. Innanzitutto, va sottolineato che per raggiungere quella località andava intrapreso un viaggio molto lungo, mentre una volta arrivati ci si scontrava con le difficoltà di un insediamento non ben progettato. Inoltre, durante gli anni Trenta non fu consentito agli ebrei perseguitati dai nazisti di rifugiarsi in quelle lande. Peraltro, le purghe staliniane non risparmiarono neanche questa zona: nel 1941 furono chiuse le scuole ebraiche e perseguitati molti ebrei ritenuti dei veri e propri oppositori politici, anche perché quasi tutta l’intellighènziaebraica si era rifugiata in Siberia in quanto accusata di spionaggio a favore degli Stati Uniti. Inoltre, ad attrarre molti ebrei fu la possibilità di emigrare nel neonato Stato d’Israele (1948). Infine, nel 1951, gli aiuti americani per il Birobidžan terminarono a causa della guerra fredda.
Il risultato fu che delle circa 22mila persone arrivate tra il 1928 e il 1933 se ne andò circa il 60%. In generale, l’oblast non arrivò mai a superare oltre il 5% della popolazione ebraica complessiva dell’Unione Sovietica.
Nei primi anni Cinquanta, Stalin, visto il fallimento del progetto di attrarre spontaneamente gli ebrei in quella zona, aveva immaginato la loro deportazione, ma il piano falli a causa della morte del dittatore.
Nel 1959 vivevano nella regione solo 14 mila ebrei, i quali andarono via in massa agli inizi degli anni Settanta. Nel 1978, da parte delle autorità sovietiche ci fu il tentativo di far sviluppare centri di cultura ebraica, ma ormai la situazione era compromessa; nel 1989, infatti, si registravano solo 9mila coloni, scesi nel 1996 addirittura a 2mila.
Secondo l’ultimo censimento, ormai risalente al 2002, dei circa 190mila abitanti presenti sul territorio, solo 1,2% era formato da ebrei. Tutto ciò anche a dispetto del fatto che l’area, tra l’altro, è caratterizzata dalla presenza di importanti industrie meccaniche, del settore dell’abbigliamento, nonché da calzaturifici.
Va, tuttavia, sottolineato che negli ultimi anni si è registrata una ripresa dell’istruzione ebraica anche grazie agli scambi internazionali. Dal 2003 la stessa sinagoga ha nuovamente assunto un ruolo significativo in seno alla comunità, anche grazie al ritorno in quella zona di persone provenienti addirittura dallo Stato d’Israele.
In ogni modo, il grande progetto del sionismo sovietico fallì e nel 2021 il vicepremier russo Marat Khusnullin ha proposito di eliminare questa particolarissima regione. Ulteriore conferma che vi è un’unica “Terra promessa”.
Per saperne di più:
Joseph Brener, La Regione Autonoma Ebraica: tra mito e realtà, KS Omniscriptum Publishing, 2021
https://it.rbth.com/storia/79340-stalin-cre%C3%B2-regione-ebrei