1054 intervistati tra presidenti e dirigenti di comunità ed associazioni ebraiche, 31 paesi coperti e 10 lingue utilizzati. Questi i numeri della Quinta indagine sui dirigenti e professionisti delle comunità ebraiche europee condotta dalla divisione di ricerca europea dell’American Jewish Joint Distribution Committee (JDC), l’International Center for Community Development (ICCD).
Fu lanciata per la prima volta nel 2008 per valutare l’Europa ebraica vent’anni dopo la caduta del comunismo e capire le differenze tra le comunità ebraiche dell’Europa orientale e occidentale. 13 anni dopo questa ricerca è diventata uno strumento unico per identificare le tendenze emergenti tra i dirigenti e professionisti delle comunità ebraiche del continente.
Per comprendere i dati che emergono dallo studio realizzato dal JDC, Shalom ha intervistato Betti Guetta, sociologa e responsabile dell’Osservatorio Antisemitismo del CDEC, il Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea, curatrice per l’Italia dell’indagine.
“Quella realizzata dal JDC è una fotografia, che viene fatta ogni tre quattro anni, dell’ebraismo europeo” ha affermato la sociologa, che ha spiegato come questa ricerca ha posto una serie di domande sulle principali sfide e sulle priorità per le comunità̀ ebraiche europee nel 2021, focalizzandosi sulle loro aspettative su come evolverà̀ la situazione delle loro comunità̀ nei prossimi cinque-dieci anni.
“Per l’Italia hanno partecipato 96 individui, tra presidenti e dirigenti, quindi è un 8 % circa del totale del campione” ha spiegato Guetta, che ha sottolineato “come sia stato il Paese che ha dato maggiore risposta”.
“Quest’anno è cresciuta molto la minaccia dell’antisemitismo, che adesso è al primo posto tra le minacce per l’ebraismo europeo, ma non per l’Italia. Infatti, per i nostri dirigenti l’antisemitismo è stato messo al terzo posto” ha detto la responsabile del CDEC, che spiega questo dato associandolo a quello riguardante la sicurezza delle comunità. Inoltre, il 97% dei dirigenti italiani si sentono sicuri come ebrei nelle proprie città. Una differenza netta con il dato a livello europeo, dove il senso di sicurezza scende al 78%. “L’Italia si è particolarmente distinta nel contrasto l’antisemitismo”.
“Nonostante i dati a livello italiano siano abbastanza allineati con quelli emersi in Europa, si possono riscontrare alcune differenze, che reputo piuttosto importanti”, continua Betti Guetta, “le due minacce che hanno suscitato più preoccupazione tra la dirigenza italiana sono l’alienazione degli ebrei dalla vita della comunitaria, che per l’Italia è il 90% rispetto al 70% dell’Europa, e quella legata al calo demografico, un dato, questo, abbastanza comprensibile visto che siamo una piccola comunità”.
“Nel campione italiano c’è una maggiore attenzione alle questioni interne, ossia tutte quelle riguardanti l’organizzazione della comunità stessa” sostiene la sociologa, illustrando come la maggiore attenzione dell’Italia per le dinamiche interne si possa trovare anche per quanto riguarda i temi prioritari nei prossimi cinque-dieci anni. “Al primo posto per l’Italia c’è rafforzare l’istruzione ebraica, al secondo ridurre le tensioni e le divisioni comunitarie, al terzo investire nella leadership e, a seguire, incoraggiare il pluralismo interno.”
“L’Italia evidenzia dei nodi che sono particolarmente evidenti rispetto ad altre realtà, dal punto di vista religioso, culturale, ma anche dal punto di vista della leadership” sostiene Betti Guetta sottolineando quale sia l’importanza di questo progetto che permette ai dirigenti comunitari di avere un punto di vista continuativo su quali siano le priorità e le minacce che la propria comunità e quelle europee devono affrontare nei prossimi anni.