Può capitare che un artista si trovi a misurare la propria onestà intellettuale e a prendere decisioni davanti a un piatto fumante in un ristorante. Nel 1959 al lussuoso Four Season di New York era seduto Mark Rothko (1903-1970), che osservava lo spazio che avrebbe dovuto accogliere un ciclo di opere a cui aveva lavorato senza sosta dall’anno precedente.
Una commissione importante – e ben retribuita- che gli avrebbe dato la giusta visibilità. Per uno come Rothko probabilmente accettare l’incarico era stata una scelta ponderata, vista la sua reticenza nei confronti di un pubblico troppo concentrato sul denaro e poco alla spiritualità dell’arte.
Una pittura come la sua, fatta di campi di colore sovrapposti e orientata alla contemplazione meritava il giusto spazio. All’inizio aveva pensato che avrebbe potuto dimostrare il suo il suo disappunto per quei facoltosi signori attraverso colori disturbanti. Per quasi un anno aveva lavorato su variazioni di nero, marrone e rosso scuro.
Ma quel giorno al Four Season, Rothko aveva capito che nulla avrebbe distolto le persone dai loro discorsi e dai loro piatti, decidendo di recedere il contratto e non consegnare i grandi pannelli. Perché l’arte può essere vista in ogni luogo, ma solo da chi è pronto a coglierne il messaggio.