Mentre si consumavano le ultime speranze di tenere in vita mia madre, Sandra, ho conosciuto un giovane, misurato, quasi timido medico che è riuscito a dirci la verità senza accrescere la nostra sofferenza: Massimo Finzi, il cui studio era in un palazzo vicino a Viale Marconi dove abitava anche la mia vecchia zia Bianca. Da allora, non ci siamo più separati, e sono orgoglioso che diversi miei amici abbiano nel frattempo – mezzo secolo! – potuto conoscere, apprezzare Massimo, e diventare anche suoi pazienti. Anche dopo la pensione, il consiglio di un vero medico come Massimo è insostituibile. Infatti, non dimentico scrupolo e generosità con cui – durante il mio mandato di Sindaco – Massimo ha svolto l’oneroso servizio di volontariato pubblico come ‘delegato’ per la Sanità nel territorio in cui maggiormente ha svolto il suo lavoro, e fino al mare di Roma, e all’Ospedale Grassi di Ostia.
Del resto, come si fa a non sentirsi custodi attenti e incessanti della vita umana, delle cure e del rispetto tra le persone, con un esordio drammatico, di fuoco, nell’esistenza? Ci dice moltissimo il racconto di Massimo all’età di neppure due anni: la corsa per proteggersi, con i suoi familiari, mentre cadevano le bombe sull’area di San Lorenzo. Si trovavano lì vicino, e riuscirono a riparare nei sotterranei delle tombe del Cimitero del Verano.
E’ stata intelligente la scelta di nominare Massimo Finzi Assessore per la Memoria della Comunità Ebraica romana. Posso testimoniare due elementi di questo suo impegno (che brilla, accanto alla sua capacità di accompagnare il grande Rabbino Elio Toaff sino alla soglia dei cent’anni, alla collaborazione con l’Ospedale Israelitico, alle cento iniziative sociali e umanitarie cui ha partecipato): una volontà di studiare, conoscere, battagliare, smontando le tante diffamazioni che ancora colpiscono gli ebrei nel mondo; e l’orientamento al dialogo, per costruire le soluzioni, andando oltre le barricate. Ovvero: l’identità ebraica romana che fa parte in modo inscindibile della Storia e del pluralismo della Città Eterna, assieme alla volontà di farla vivere, senza cedimenti, nel dialogo democratico con gli altri.
Massimo c’è. È famiglia, è calore, è soprattutto curiosità. Ti guarda, gli occhi verdi aguzzi ti attraversano, capisce, indaga come un detective. Massimo, il primo giorno che lo vidi – all’israelitico sull’isola Tiberina, più di 40 anni fa – mi fece una lezione di archeologia, di storia e di medicina. Dovevo fare un esame radiologico e lui mi confessò: qui avrai il risultato sicuro, l’acqua del Tevere impedisce le interferenze che in molti ospedali falsano i dati. Un medico detective con la passione per la memoria, la storia che ha vissuto da bambino e quella dei suoi antenati – per lui tutti contemporanei- e le storie che ha ascoltato nella sua ormai lunga vita professionale. Massimo racconta di essere un bambino sfuggito alla persecuzione con il sorriso di chi custodisce la memoria per conto di chi non può raccontarlo, consapevole di poter trasformare quel sorriso in una forza d’acciaio a difesa dei suoi valori. Un uomo innamorato della sua famiglia, appassionato di piante, di mare, di danza, un laico totalmente dedito alla sua religione, alla spiritualità che rintraccia ogni giorno nella sua città, da frammenti che analizza come i nostri numeretti stampati nei referti che gli affidiamo col batticuore… Eravamo ragazzi, quando sono entrata nella famiglia di mio marito, e Francesco mi portò subito da Massimo. Mi disse: Massimo è la persona a cui potrai sempre rivolgerti per tutto. Per decenni e per decenni ancora, grazie! Auguri!
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