Nicole Krauss con il suo “Selva oscura” (Guanda Editore) non offre solo la possibilità di leggere un romanzo, ma fa molto di più: prende per mano chi legge e lo conduce all’interno del proprio io, nella zona più profonda. Una lettura complessa, filosofica e catartica. La storia di due destini che si incrociano, che viaggiano su due binari paralleli senza sfiorarsi mai. Due storie diverse che si ritrovano ad affrontare appunto, una selva oscura, un riferimento non troppo latente a Dante. Una selva oscura che diventerà l’allegoria della vita: difficile e meravigliosa al tempo stesso. Così Krauss costruisce un romanzo dall’impalcatura perfetta, pieno di riferimenti alle opere di Kafka e alla storia del popolo ebraico. Una storia ben scritta e fluida in cui i personaggi non hanno neppure bisogno di interagire per empatizzare con il lettore.
Da una parte c’è Jules Epstein, avvocato di successo, uomo a cui non manca nulla per definirsi completo, eppure Jules è solo involucro, vuoto dentro e fuori. Così diventerà il protagonista di una strana metamorfosi, che lo spingerà a metter fine alla sua vita agiata, liberandosi da ogni zavorra materiale. Dall’altra parte c’è una giovane scrittrice, in fuga dalla monotonia della vita, priva di ogni ispirazione. Entrambi bloccati, entrambi vittime e prigionieri della loro stessa esistenza. Così errando, per una serie di contingenze, si ritroveranno in Israele, un luogo pieno di significati per entrambi, più precisamente all’Hilton di Tel Aviv. Un edificio fisico che si trasformerà in personaggio per la narrazione. Una volta in Israele, la giovane scrittrice comincerà una ricerca su un’opera incompiuta di Kafka, che la condurrà attraverso situazioni singolari e complicate. Mentre Jules si metterà in cerca di un luogo a cui appartenere interamente. Un viaggio profondo per entrambi volto a ricercare la cosa più difficile che esista: la propria identità.