
Quando la sirena ha cominciato a suonare, il rumore della vita quotidiana si è fatto lontano, come se la città stessa avesse trattenuto il respiro. Sessanta secondi di silenzio assoluto: le parole sospese, i pensieri immobili, il tempo rallentato. In quell’istante sospeso, così denso di assenza, la memoria ha cominciato a prendere corpo.
È iniziato così, nel cuore del Palazzo della Cultura di Roma, Yom HaZikaron, la Giornata del Ricordo dei soldati caduti in battaglia e delle vittime del terrorismo. Un’iniziativa organizzata dall’Ambasciata di Israele, che ha coinvolto la comunità ebraica romana.
Un filo invisibile ha legato chi ha perso tutto a chi continua a costruire; chi è caduto, a chi oggi cammina nel loro nome.
A rompere il silenzio è stata la preghiera Izkor, pronunciata da Riccardo Pacifici come un sussurro tra le lacrime. Poco dopo, Marco Di Porto ha intonato El Male Rachamim, l’antico canto ebraico che invoca misericordia per le anime dei defunti. Successivamente è intervenuto Rav Riccardo di Segni, rabbino capo di Roma, recitando il Salmo due: “Perché tumultuano le genti e i popoli tramano invano?” che ha risuonato come un’eco dei conflitti e delle inquietudini del nostro tempo.
Ma a colpire davvero il cuore non sono state solo le parole. A commuovere, più di ogni discorso, è stato il gesto delle famiglie degli ostaggi. In silenzio, con compostezza, hanno acceso una candela in memoria dei caduti. Una piccola fiamma, fragile e luminosa, che ha parlato più di qualsiasi voce: simbolo della speranza che resiste, della dignità che non si piega all’orrore.
In prima fila, i bambini della Scuola Ebraica Vittorio Polacco sedevano accanto ai giovani dei movimenti Hashomer Hatzair e Bene Akivá. La loro presenza era una promessa: quella di raccogliere la memoria e custodirla nel tempo. Perché se la memoria si ferma, anche la vita si ferma. E loro, con i canti e con gli occhi rivolti al futuro, hanno giurato che non permetteranno che ciò accada.
Il presidente della Comunità Ebraica di Roma, Victor Fadlun, ha ricordato che “Yom HaZikaron è il giorno in cui il popolo di Israele si stringe nel dolore e nella memoria, unendo le comunità ebraiche in ogni parte del mondo”.
Parole ribadite anche da Noemi Di Segni, presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane: “A ogni campagna di morte, la risposta del popolo ebraico sarà una campagna di vita”.
Infine, le voci dei bambini che hanno cantato l’Hatikva, l’inno nazionale dello Stato ebraico. La speranza di un popolo che continua a resistere. La speranza di essere, finalmente, liberi e al sicuro nella propria terra.