di Sara Habib
“Siamo qui riuniti per piangere le 11 vittime dell’attentato di Pittsburgh” ha aperto la commemorazione tenutasi al Tempio Maggiore la presidente CER Ruth Dureghello, dopo l’accensione degli 11 lumi in ricordo dei caduti. Una “cerimonia aperta” poiché era questo un dolore “per il quale non è sufficiente versare lacrime”, ma “da dover essere condiviso”, per “mandare un messaggio di unità e opposizione alla barbarie antisemita”. “L’odio non conosce frontiere” ha infatti ricordato, rammentando l’attentato nel quale perse la vita Stefano Tachè, e nonostante “ai vecchi confini si sostituisca oggi un mondo globalizzato”, ha invitato a “prendere atto del clima ostile e carico di tensione”, poiché “riguardo l’antisemitismo non possono esistere zone grigie”.
Dopo l’intonazione di alcuni salmi la parola è quindi passata all’ambasciatore Americano presso l’Italia Lewis Eisenberg – che con “occhi pieni di lacrime ed il cuore pieno di cordoglio” ha ringraziato la presente “congregazione” per “essersi unita al nostro lutto”, frutto di una “vecchia inspiegabile ragione” – ed infine al Rabbino Capo Di Segni, che ha ribadito, indotto dalle “polemiche che hanno diviso il mondo ebraico Americano”, l’esistenza di “valori più importanti da difendere in questa situazione della singola affiliazione” ed ha richiamato a trarre da questo evento un “grande insegnamento: non possiamo essere tranquilli come ebrei, il che significa che il mondo non può essere tranquillo”.
A concludere la commemorazione, inaspettatamente, non è stata la recitazione dell’Yzkor, ma l’Hatikwà, non in programma, ma con sentimento iniziata dai presenti.