Il 24 marzo 1944, in una giornata di inizio primavera, nella Roma occupata dai nazisti veniva compiuta una delle stragi più vigliacche mai concepite: l’eccidio delleFosse Ardeatine.
La bomba era scoppiata alle 15.42 e la deflagrazione aveva ucciso in tutto 33 soldati dell’11° Compagnia del terzo Battaglione del reggimento Bozen. La notizia dell’attentato dinamitardo partigiano scatenò la dura reazione di Hitler che, dal suo rifugio, pretese un’immediata rappresaglia che doveva far “tremare il mondo”. Una proporzione aurea dell’orrore fu stabilita infine dal Feldmaresciallo Albert Kesselring: 10 italiani dovevano morire per ogni tedesco ucciso nell’attentato.
A stilare l’elenco delle vittime fu il tenente colonnello Hebert Kappler, il quale, aiutato dal capitano delle SS Erich Priebke, velocemente compilarono una lista, la quale essendo eseguita troppo rapidamente, comprese cinque persone che non dovevano rientrare nel conteggio. Sebbene gli ufficiali delle SS se ne accorsero all’ultimo momento, con una indifferenza incredibile, non vollero risparmiare la morte a questi uomini…così al posto di 330, ne furono uccisi 335.
Dopo la guerra, Priebke fu rintracciato a San Carlos de Bariloche (Argentina) e, il 9 maggio 1994, le autorità italiane inoltrarono la richiesta di estradizione, istanza che fu accolta il novembre 1995. Il 7 dicembre 1995 si svolse a Roma l’udienza preliminare nel procedimento contro l’ex capitano nazista; la procura militare chiese per Priebke il rinvio a giudizio per crimini di guerra e l’imputazione per concorso in violenza con omicidio continuato.
Attraverso una ricerca che ho svolto all’Archivio Storico della Comunità Ebraica di Roma, ho ricostruito, esaminando gli articoli conservati nel fondo Toaff, quali furono le reazioni di alcuni quotidiani rispetto a come si espresse il Rabbino Capo di Roma riguardo all’arresto e alla possibilità che Priebke, l’uomo che non mostrò mai rimorso né tantomeno commozione davanti ai familiari delle sue vittime, fosse condannato agli arresti domiciliari. Il 18 aprile 1996, il Messaggero riportò le parole di Rav Elio Toaff durante un’intervista: “Ho detto che Priebke è delinquente e nazista; e che come tale, deve essere giudicato e condannato dai tribunali italiani per quel che ha fatto. Ho aggiunto che come verrà applicata la condanna, non riguarda me, ma la giustizia italiana; infine se mi chiede un’opinione, dico che è un rudere di 83 anni, e che anche per legge, a quell’età non gli spetta il carcere. Anzi, ho precisato che gli arresti domiciliari, trascorsi da solo, lo metteranno di fronte alla sua coscienza e gli faranno ripensare a quanto ha fatto. Se ho parlato a nome della Comunità? So benissimo che non mi spetta: solo come il rabbino che sono”. A tali parole rispose Giulia Spizzichino, della Comunità Israelitica di Roma (7 familiari trucidati alle Ardeatine): intervistata dal quotidiano l’Unità sempre il 18 Aprile 1996, disse emozionata e arrabbiata: “Non sono disposta a perdonare. Per cui niente carcere a casa per Priebke”. Questo è ciò che riportano le fonti già citate. Tutti, comunque, ebrei e non ebrei che ebbero congiunti massacrati alle Fosse Ardeatine, precisarono di volere soltanto giustizia e non vendetta. Interessante fu l’intervista realizzata da Bruno Gravagnulo del quotidiano l’Unità sempre del 18 aprile 1996, il quale domandò al professore Davide Meghnagi il motivo delle critiche della Comunità al Rabbino Capo Elio Toaff favorevole ad un verdetto di arresti domiciliari per Priebke. A questo interrogativo il Professor Meghnagi rispose: “L’atteggiamento di Toaff nasce dall’esigenza di far maturare una riflessione più ampia sull’Europa intera attraversata da tendenze antisemite xenofobe […]. Se gli ebrei non perdonano, rimangono i figli del Dio duro e accusatore. E se invece perdonano, devono accettare una nuova violenza, in nome di un perdono che solo le vittime del passato potrebbero concedere. Toaff invita a riflettere su tale paradosso, e fare del processo un’occasione generale di meditazione. È un invito rivolto a tutti gli italiani”.
Finalmente, il 25 luglio 1997, il Corriere della Sera così si espresse circa il verdetto sul capitano Priebke: “15 anni con condono all’ex SS con possibilità di tornare libero tra 6 mesi”. Concludendo, nel 1998 la Corte d’appello militare lo condannò all’ergastolo; nel febbraio 1999 gli furono concessi gli arresti domiciliari. L’11 ottobre 2013, l’ex capitano delle SS Erich Priebke moriva più che centenario nella sua casa romana. Negazionista, bugiardo, assassino e nazista, Priebke non ebbe mai una parola di pentimento per il proprio passato, mai un’espressione di comprensione per le vittime o le loro famiglie, per tutta la vita fu fedele a se stesso e a quello che aveva fatto.
A 80 anni dall’Eccidio delle Fosse Ardeatine il rovesciamento dei fatti, la riscrittura della storia, la rimozione della memoria, un subdolo negazionismo ci sta facendo percorrere una strada che non vorremmo mai attraversare: il ritorno a episodi di antisemitismo che dovrebbero far ricordare a tutti “il corso e ricorso della storia”.