Riemerge un documento inedito dell’Archivio Storico della Comunità Ebraica di Roma. Ed è una testimonianza che spiega le conseguenze del Moed di Piombo. Il fatto è noto: il 13 gennaio 1793 Nicolas Jean Hugou de Basseville, diplomatico francese, fu assassinato da popolani romani antirivoluzionari. Il giorno dopo un gruppo di abitanti dei rioni Trastevere, Monti e Regola si diresse verso il ghetto per appiccare il fuoco a uno dei portoni considerando, sostanzialmente, gli ebrei tutti sostenitori dei francesi e delle loro idee libertarie.
La tradizione vuole è che da un cielo plumbeo producesse una pioggia tale da spegnere il fuoco. Da qui il termine moed (festa solenne) di piombo
Tuttavia il “miracolo” fu accompagnato da un altro evento non irrilevante, ovvero l’intervento da parte delle truppe papaline, a difesa del ghetto stesso, che dispersero la folla.
E qui sta un aspetto interessante che si contrappone all’idea di pogrom tipica di molti Paesi dell’Est europeo e non solo dove gli ebrei erano periodicamente massacrati proprio attraverso le azioni della popolazione locale, spesso appoggiate dai rappresentanti delle istituzioni laiche e religiose.
Va, tuttavia, messo in evidenza un altro aspetto legato all’atteggiamento di una parte della popolazione romana cristiana nei confronti degli ebrei, ostile non solo in quella circostanza. In generale, la compagine ebraica nella Roma pontificia non ebbe gli stessi terrificanti problemi che si registrarono in altre aree d’Europa anche se la disciplina del ghetto era severa, fortemente restrittiva delle libertà individuali e collettive.
Contestualmente, va posta in evidenza l’esistenza di un antigiudaismo di matrice cristiana, spesso alimentato dal basso clero e attraverso la promozione pregiudizi antiebraici da parte di predicatori, frequentemente domenicani e francescani.
Nei momenti di maggior criticità politica, sociale oppure economica questi elementi emergevano con chiarezza e pericolosità.
Un altro aspetto interessante della vicenda riguarda il documento che analizziamo in questa sede. Il 18 gennaio del 1793 fu emesso un edito da parte di autorità ecclesiastiche al fine di regolamentare la presenza ebraica all’interno della città di Roma che riprendeva i contenuti dell’editto del 1775 che, a sua volta, faceva riferimento alle disposizioni di Paolo IV al momento dell’istituzione del ghetto (1555).
Sia la bolla di Paolo IV, sia il l’editto del 1755 prevedevano una forte riduzione della attività economiche ebraiche e soprattutto la loro limitazione all’interno dell’area del ghetto. Inoltre, veniva ripristinato l’uso del segno giallo sia per gli uomini, sia per le donne.
Questo significa che le disposizioni di Paolo IV nel corso dei secoli subivano periodicamente alcune deroghe e questo consentiva agli ebrei di avere maggiori libertà economiche e sociali anche se che in determinati momenti erano ripristinati alcuni obblighi e divieti.
Qual è la differenza fra l’editto del 1775 è quello del 1793? Il primo fu emesso in occasione del Giubileo, così come spesso accadeva nelle occasioni in cui a Roma affluivano moltissimi pellegrini e gli ebrei venivano maggiormente isolati. Con molta probabilità ciò avveniva per evitare una commistione tra ebrei e cristiani per molti inaccettabile e foriera di disordini L’editto del 1793 aveva a che fare con qualcosa di diverso: era il periodo ridosso della prima Repubblica romana (1796) e a distanza di pochi anni dallo scoppio della Rivoluzione francese (1789), in una fase convulsa in cui l’Europa stava subendo profonde trasformazioni nel passaggio dalla società dell’Antico Regime quella dei moderni sistemi capitalistici e della società borghese.
Le idee illuministiche erano penetrate a Roma, anche all’interno del ghetto, e la sensazione da parte di molti era di grande instabilità come evidenziarono le guerre napoleoniche fino alla Restaurazione del 1814.
Un mondo stava scomparendo, un altro stava nascendo e questa vicenda è una delle sue significative testimonianze.