Spiegare le nuove forme dell’antisemitismo, spesso nascosto dietro all’odio verso Israele e al presunto concetto di antisionismo. Questo è stato il tema affrontato nel dibattito promosso dalla Comunità ebraica di Roma, dal Maccabi Italia e dal magazine online InOltre presso il Centro Ebraico Italiano – Pitigliani. L’analisi ha visto la partecipazione di relatori provenienti da vari ambiti, moderati da Filippo Piperno, giornalista ed esperto di comunicazione e media. “Abbiamo deciso di chiamare questo incontro ‘L’antisemitismo negato’ poiché molte persone sostengono che etichettare l’antisemitismo con l’antisionismo sia sbagliato, ma in realtà non lo è,” ha detto Piperno, aprendo così l’evento.
La parola è poi passata ad Alessandra Libutti, scrittrice e giornalista, che ha analizzato e ricostruito la storia del movimento Wake, una formazione con una forte componente antisemita che oggi è promotore delle occupazioni anti-Israele nelle università americane. “Il movimento esiste dal 2012, ma ha radici lontane. Al suo interno ha varie forze che si ispirano a diverse ideologie, dal marxismo all’Islam, che si sono alimentate e coese con Malcolm X e con la rivoluzione in Iran del 1979. Da queste posizioni si è sviluppata la teoria della critica della razza contro il “bianchismo” e il razzismo. Gli studenti palestinesi abbracciarono immediatamente questa teoria per contrapporsi a Israele”.
Sulla questione è intervenuto anche Giovanni Bachelet, professore di Fisica, ex parlamentare del PD, nonché figlio di Vittorio ucciso dalle Brigate Rosse. Bachelet è intervenuto sulle costanti richieste di boicottaggio delle università israeliane. “Riguardo alle cooperazioni fra università, le scienze non devono mai fare scomuniche, anzi, devono cooperare per dare un contributo alla pace” ha affermato.
Queste nuove forme di antisemitismo però non si sono radicate solamente nelle università, ma in molte componenti della società, come nei Pride. “Quest’anno al Pride di Roma è certo che non si potrà sfilare con la bandiera di Israele perché il comitato del Pride ha dichiarato che non riuscirà a garantire la sicurezza,” ha raccontato nel suo intervento Aurelio Mancuso, presidente dell’Equity Italia.
La parola è stata poi passata a Tommaso Giuntella, giornalista RAI, che ha riflettuto sull’importanza di considerare l’antisionismo una forma vera e propria di antisemitismo. “L’unicità del conflitto arabo-israeliano è la presenza del popolo ebraico. I confinanti con Israele chiamano gli israeliani ‘Al-yeudi’, gli ebrei. Purtroppo si tende a credere che l’antisemitismo sia avvenuto solamente tempo fa con i nazisti, ma ciò è solo la punta più alta di un iceberg molto grande” ha detto Giuntella.
La conferenza si è poi avviata verso la conclusione con un’analisi sulla comunicazione della guerra a Gaza da parte di Antonino Monteleone, giornalista di Mediaset. “Negli ultimi giorni, con i post con hashtag ‘All Eyes on Rafah’ Israele sta perdendo una partita sulla comunicazione. Tuttavia, in questo modo, si vengono a creare discussioni in cui si rivendicano esclusivamente i temi delle vittime civili o sulla mancanza di cibo nella Striscia. Uno dei più grandi errori comunicativi è stato quello di dare la parola agli antisionisti, che mettono alla radice delle loro idee la nascita di uno Stato che ha rubato una terra” ha detto il giornalista della trasmissione ‘Le Iene’, criticando poi le chi sfoggia uno slogan senza riconoscere la realtà. “Tutte le forze politiche sono per la soluzione “due popoli, due stati”, ma l’unico stato in cui però attualmente vivono in pace due popoli è proprio Israele”.