
“Noi lo diciamo senza paura: chi usa la guerra in Israele come pretesto per colpire gli ebrei è un antisemita”. Chiare ed eloquenti le parole del Presidente della Comunità Ebraica di Roma Victor Fadlun sul palco allestito in occasione della cerimonia commemorativa organizzata dalla Comunità di Sant’Egidio in collaborazione, appunto, con la stessa Comunità Ebraica di Roma per ricordare il 16 ottobre 1943, data del rastrellamento degli ebrei della Capitale. Un ottantaduesimo anniversario carico di significato, a causa dell’aumento degli attacchi antisemiti avvenuti dal 7 ottobre 2023 e del suvvessivo scoppio del conflitto tra Israele e Hamas.
“Siamo tornati a vedere frasi, minacce e simboli che avevamo giurato di non vedere mai più. Sulle serrande delle nostre attività commerciali, sulle targhe dei nostri studi professionali, sui muri delle nostre case, in convegni e università dove gli ebrei sono invitati a parlare e gli è stato impedito, ma anche nelle associazioni professionali e nei luoghi di lavoro” – ha denunciato Fadlun di fronte alle tante persone presenti – Siamo qui per dire qualcosa che è necessario dire con forza: la memoria è in pericolo. L’antisemitismo non è scomparso. Si è trasformato. È tornato nelle strade, nelle piazze, nei comizi, nelle università. E non si nasconde più. Non ha più paura di mostrarsi”.
“Avvertiamo in questi ultimi anni un capovolgimento della Memoria, un’inversione del circuito virtuoso di collaborazione e condivisione tra la Comunità ebraica e la comunità e la comunità in generale. Siamo preoccupati e allarmati per tutto quello che succede”, ha sottolineato ulteriormente il Rabbino Capo di Roma Rav Riccardo Di Segni.
Presente anche il sindaco di Roma Roberto Gualtieri, che ha raccontato l’impegno della città nel mantenere vivo il messaggio della Memoria e ha manifestato il suo sostegno nei confronti delle Comunità ebraiche in questo momento complicato della loro storia.
“Viviamo un tempo fragile, di guerre, in cui anche le conquiste della democrazia vengono messe a rischio e l’odio antisemita torna ad affacciarsi, persino in questa città, già ferita. A Roma non ci sarà mai spazio, non ci deve essere spazio, per l’odio travestito da militanza, per chi distorce la storia o per chi la usa per dividere. Roma, proprio per ciò che ha vissuto, vuole essere un laboratorio di Memoria, di fraternità e di pace. La responsabilità della Memoria e della pace ci obbliga a contrastare ogni ambiguità, a reagire a ogni forma di antisemitismo, anche quella mascherata da antisionismo”.
Sul palco, insieme al Presidente Marco Impagliazzo, anche il fondatore della Comunità di Sant’Egidio Andrea Riccardi, che ha rinnovato l’amicizia e la vicinanza nei confronti della Keillà romana, ribadendo l’unicità della Shoah nella sua crudeltà, l’importanza di non dimenticare come “adesione a un comando di D.” e raccontando questa come “una stagione che volta le spalle alla storia, dominata dall’attualità che passa”. “Infatti sappiamo poco da dove veniamo – ha evidenziato – Si perde il senso della storia e della memoria”.
Di fronte a un clima difficile, però, l’approccio della Comunità Ebraica di Roma non è solamente di denuncia e preoccupazione. Il messaggio che il Presidente Fadlun ha voluto dare è anche di risposta: non si sceglierà il silenzio.
“La nostra Comunità conosce la paura, ma non la subisce. La guarda in faccia. La attraversa. E poi cammina avanti. Siamo qui da duemila anni. Non ci ha spezzato l’esilio. Non ci hanno spezzato le persecuzioni. Non ci ha spezzato il fascismo. Non ci spezzerà l’antisemitismo di oggi. Ma proprio per questo voglio dire con nettezza, sicuro di interpretare i sentimenti di tutti gli ebrei di Roma: noi non accetteremo di tornare al silenzio. Non accetteremo che qualcuno decida come dobbiamo vivere, parlare, camminare nelle nostre città. Non accetteremo di essere trattati come un bersaglio che si può tollerare”.