L’atmosfera è di raccoglimento e solennità. In centinaia, come ogni anno, si sono riuniti per un momento profondamente simbolico: la camminata silenziosa per ricordare il rastrellamento del 16 ottobre 1943 degli ebrei di Roma. Quel giorno, 1022 persone, tra uomini, donne, bambini furono catturati in ogni quartiere della capitale per poi essere deportati nei campi di sterminio. Altre centinaia subirono la stessa sorte nei mesi successivi, durante l’occupazione nazista.
A leggere i nomi dei deportati nelle strade del quartiere ebraico sono stati i giovani, che hanno guidato il corteo, organizzato come ogni anno da Elvira Di Cave, Daniel Di Porto, Elio Limentani in occasione della data simbolo della Shoah per gli ebrei di Roma. Un momento intimo di ricordo e riflessione per la comunità.
“Per me è questa iniziativa ha un valore doppio, sia perché sono nipote della Shoah, sia perché ho pensato, insieme a Daniel Di Porto e ad Elio Limentani, che ci dovesse essere qualcosa di nostro, essenzialmente di ebraico romano, poiché era un vissuto che ognuno di noi aveva dentro e non poteva minimamente dimenticare” ha sottolineato Elvira Di Cave a Shalom.
Compiuto il percorso, la fase più solenne della mattinata con la cerimonia al Tempio Maggiore con i discorsi istituzionali. Ad aprire le riflessioni la stessa Elvira Di Cave, che ha ricordato il bambino senza nome che fu deportato, figlio di Marcella Perugia, per poi evocare i diversi anniversari che hanno contrassegnato questo periodo: l’attentato al Tempio Maggiore del 9 ottobre 1982 e il pogrom di Hamas del 7 ottobre 2023. Tre date che hanno segnato duramente il popolo ebraico, che però è riuscito a rialzarsi con la forza di sempre. La presenza di tanti giovani, che dopo aver letto i nomi durante la camminata hanno intervallato i discorsi con toccanti letture, a cui si è aggiunto il coro della scuola che ha intonato le melodie di Anì Maamin e l’Hatiqwa, hanno rappresentato il valore aggiunto di questo appuntamento: come ha sottolineato la stessa Elvira Di Cave nel suo discorso, si vedono figli e nipoti che crescono consci di quanto accaduto.
Il Presidente della Comunità Victor Fadlun ha parlato di questi giorni terribilmente evocativi, con anniversari che ricordano diversi episodi accomunati da un terribile odio antiebraico: una violenza che però non colpisce solo gli ebrei, ma tutte le democrazie. “La camminata ci aiuta a ricordare la sofferenza e il dolore – ha sottolineato Fadlun – Il silenzio ricorda l’orrore, ma aiuta a perpetuare il ricordo e a favorire la volontà di andare avanti”. Sentimenti che possono essere incoraggiati dalla presenza dello Stato di Israele, grazie al quale “è finita l’epoca degli ebrei che abbassano la testa e subiscono”.
Sulle dinamiche in corso in questi giorni si è soffermato anche il Rabbino Capo Riccardo Di Segni: rivelando un aneddoto relativo a una nicchia di un palazzo di Roma dove durante la visita di Hitler fu srotolata una bandiera nazista, ha messo in guardia sui campanelli d’allarme che in determinati momenti si verificano non solo per la nostra sicurezza, ma anche e soprattutto per la nostra coscienza ebraica.
I sopravvissuti ad Auschwitz Tatiana Bucci e Sami Modiano hanno condiviso le grandi emozioni che ha suscitato in loro la camminata. Pur essendo originari rispettivamente di Fiume e di Rodi, sono molto legati alla comunità di Roma che li ha adottati e coinvolti. Durante la lettura dei nomi sono tornati indietro nel tempo, hanno sentito ancora più forte il dovere di ricordare e di trasmettere alle nuove generazioni il ricordo accaduto. Un passaggio di testimone che grazie a iniziative come questa si rafforza sempre di più.