La vita oltre la morte, la resurrezione dei morti, i significati dei riti ebraici legati al periodo di lutto, il dialogo interreligioso con la Cristianità, l’esistenza di Dio, la figura di Gesù, sono solo alcuni dei temi etici e religiosi che il rabbino capo di Roma, Rav Riccardo Di Segni, ha affrontato in una lunga intervista rilasciata alla giornalista del quotidiano Libero, Alessia Ardesi, e pubblicata oggi.
Tra le molte considerazioni il rabbino Di Segni parla anche di questo difficile momento legato alla diffusione del virus che sta mettendo in difficoltà i singoli, ma anche le organizzazioni come la comunità ebraica, chiamata a fare “sacrifici molto grandi”. «La vita religiosa in sinagoga e in grandi riunioni famffiari è entrata in crisi – spiega il Rav – , come il sistema di insegnamento. Però il mondo digitale ci ha spalancato platee di persone interessate che nemmeno pensavamo esistessero».
«Quando si parla in termini biblici di epidemie, esiste anche il tema della punizione. Ma oggi, nel nostro modo di concepire le cose, questo non è accettato. Piuttosto è il tema della responsabilità, che non può essere eluso».
Il rapporto tra fede e punizione richiama alla mente il modo in cui la Shoah può avere cambiato nelle persone il modo di pensare la relazione tra Dio e l’uomo.
«La Shoah è stata attraversata da non credenti che sono rimasti tali, da persone che prima credevano e poi non hanno più creduto, e da tanti altri uomini e donne che invece si sono rafforzati nella fede. Il popolo ebraico ha un rapporto dinamico con il suo Creatore. Sa bene che la sua è una storia difficile, fatta di conflitti. Malgrado questo in molti di noi c’è una fede incrollabile».