Siamo tutti
curiosi di scoprire come sarà il mondo tra uno, cinque, dieci anni. Saremo
tutti immersi nella realtà virtuale? Frequenteremo quotidianamente il
metaverso? Come? Quali sono i pericoli? Quali sono i problemi pratici,
educativi, etici del metaverso e dell’intelligenza artificiale? Sapremo
distinguere la verità? Che conseguenze avrà il metaverso sull’educazione e la
socialità dei più giovani? Proprio questi spunti non potevano mancare nel
festival di cultura ebraica di Roma, dove illustri relatori si sono alternati
in diversi panel per affrontare il tema. In particolare, i partecipanti hanno
potuto ascoltare le riflessioni del Rabbino capo della Comunità Ebraica di Roma
Riccardo Di Segni, del professore Giulio Maira, neurochirurgo e direttore scientifico Maiar Brain Center, e
del direttore generale dell’Università Luiss Guido Carli, Giovanni Lo Storto.
Coordinati
dal Curatore di Ebraica Festival Marco Panella, gli ospiti hanno arricchito la
serata con contributi brillanti che hanno toccato temi filosofici, scientifici,
giuridici e religiosi suggerendo al pubblico domande esistenziali ed etiche sul
futuro dell’uomo e della società. Si è parlato di Cartesio, ma anche di Yuval
Harari, del fisico Franco Rasetti e dei dieci comandamenti. «Il metaverso ci
porta in una realtà diversa come velocità di cambiamento e di pervasività. È
qualcosa che entra prepotentemente nella nostra vita. La domanda è: la realtà
immersiva del metaverso ci darà delle emozioni così vivide come quelle della
vita vera o saranno sempre delle emozioni che vivremo con distacco e che
metteremo in una parte della nostra mente che è deputata ai fatti non nostri ma
a quelli imparati passivamente? Questo è un grosso punto interrogativo. È vero
che il metaverso ha tanti aspetti positivi: permette di simulare un intervento
chirurgico, è importante per l’apprendimento, può permettere di curare alcune
malattie, come ad esempio l’Alzheimer, ma in che modo influenzerà la nostra
psiche? Il metaverso diventerà uno strumento come internet? Uno strumento che
potrà coinvolgere profondamente i nostri giovani o le persone che troveranno
nel metaverso uno modo per sfuggire dalla realtà e per vivere in un mondo
psichicamente diverso e che impatto avrà sulla loro psiche e la loro identità?
E come accederemo al metaverso con il nostro corpo?» si domanda il Professor
Maira.
I problemi
legati al metaverso sono anche legati al mondo dell’istruzione e
dell’università. A tal proposito, Lo Storto ha parlato di “urgenza del
cambiamento” soprattutto pensando al sistema della formazione dal momento che
«è molto probabile che il mondo tra 20 anni sarà molto più diverso di quanto
non sia oggi diverso dal mondo di 200 anni fa». «L’Università, ed in generale
gli enti di formazione, hanno sul loro tavolo un tema caldo: quello di doversi
confrontare con l’urgenza di comprendere quanto è rapido il cambiamento e
quanto devono attrezzarsi per affrontarlo. Siamo oggi, infatti, in una
condizione totalmente nuova dove la quantità di dati che produciamo cresce a
ritmi vertiginosi e in questo contesto occorrono paradigmi diversi per gestire
le tecnologie digitali ed in particolare l’intelligenza artificiale» ha
spiegato Lo Storto.
Non sono
solo i programmatori, gli scienziati e i giuristi a domandarsi come migliorare,
arginare, limitare, sfruttare al meglio una tecnologia che sembrerebbe star per
entrare nella nostra vita quotidiana, anche il mondo filosofico e religioso
ragiona sul metaverso e sull’intelligenza artificiale. Il Rabbino Capo Di Segni
ha coinvolto il pubblico in quello che ha definito un esercizio etico sul
problema della minaccia rispetto ai valori dell’umanità, mostrando come un tema
così contemporaneo e attuale possa far emergere alcune riflessioni intorno a
concetti fondamentali dell’ebraismo, come ad esempio i dieci comandamenti.
«È il caso
del secondo comandamento: non farti immagini. Nel pensiero biblico non si può
raffigurare» spiega di Segni che «esiste una differenza tra l’invisibile che
non può essere reso invisibile e ciò che è visibile e che non può essere riprodotto.
La cultura ebraica rifiuta le immagini tridimensionali, mentre la cultura in
generale, quella greca e quella in cui siamo immersi è piena di
rappresentazioni. Siamo di fronte ad una realtà che ci darà una visione
tridimensionale del virtuale, non del reale. Quindi abbiamo una nuova accezione
su cui dobbiamo riflettere. È lecito o non è lecito, e quali sono i rischi?».
Altro
comandamento: «lI sabato» prosegue Rav
Di Segni «significa imporre limiti alle nostre creazioni. Noi dobbiamo creare
con il nostro cervello, con le nostre capacità, modifichiamo la realtà,
costruiamo macchine, ma di sabato abbiamo dei limiti al loro utilizzo. Le
macchine sono nostre creazioni, e non dobbiamo essere schiavi delle macchine,
dobbiamo riscoprire la nostra spiritualità. Un ebreo osservante di sabato non
usa il computer, non accende la luce. Vi è un uso pervasivo della macchina
nella nostra vita e non dobbiamo farci invadere dalle nostre creazioni almeno
un giorno a settimana, altrimenti perderemmo il senso della nostra spiritualità
e della nostra esistenza».
E ancora un
altro comandamento: non rubare. Cosa c’entra? «Non rubare» spiega Di Segni
«secondo l’interpretazione della tradizione ebraica non significa non rubare la
proprietà, ma significa prima di tutto non rapire le persone, e uno dei rischi
del metaverso è il furto della personalità. Il metaverso riuscirà a capire le
nostre scelte, i nostri pensieri, le nostre reazioni. Diventeremo praticamente
un oggetto di studio e un oggetto da monitorare. È rischioso da questo punto di vista: perderemo
la nostra individualità e il margine di segretezza che ognuno di noi vuole
conservare. Il comandamento che nella tradizione letteraria significa non
commettere adulterio e nella tradizione generale si riferisce a condurre una
vita sessuale secondo determinate regole. Il metaverso interverrà anche in
questo campo. Ci sono alcuni oggetti indossabili: dagli occhiali ai guanti,
fino ad alcune camicie che consentono di entrare completamente nella realtà,
che potrà essere anche erotica, e ciò sarà molto invasivo. Al di là del
problema della moralità di questo, c’è il problema dell’isolamento anche
dall’affettività e dalla relazione».
«Ultima
cosa» conclude Di Segni: «non uccidere. Non mettere a rischio la propria vita e
quella degli altri. Il metaverso può creare dipendenza (addiction),
assuefazione, può diventare uno strumento dal quale non ci si staccherà più».
Il
metaverso non è solo un bacino di riflessioni etiche e religiose, ma anche una
fonte di opportunità pratiche da cogliere al volo per socializzare,
pubblicizzare ed allargare le proprie attività lavorative, fare network e
lanciare prodotti. E proprio sulle “istruzioni per l’uso” del presente virtuale
si sono confrontati nel panel successivo, coordinato da Alex Zarfati, ospiti
che vivono e lavorano con l’immaginario e con il metaverso già nel 2023. È il
caso di Edoardo Colombo, tourism innovation advisor, Silvia Celani, Head of
Innovation Acea spa, Lavinia Mannelli dottoranda e scrittrice e Marina Bellini,
Metaverse art director, profonda conoscitrice del metaverso e delle numerose
piattaforme già attive che consentono a professionisti o semplici curiosi di
immergersi nel futuro con un solo clic già oggi.