
Un ritorno alle origini, ma anche un omaggio sentito alla storia ebraica italiana. Il nipote di Enzo e Ada Sereni ha visitato il Museo Ebraico di Roma e il Tempio Maggiore, vivendo un momento intenso di memoria, identità e orgoglio familiare. “La mia famiglia è orgogliosa di avere radici italiane – ha detto a Shalom Haim Confino – respirare l’ebraismo nel museo e nel tempio è un’emozione fortissima”. Parole che hanno confermato lo stretto legame della famiglia alla storia d’Italia e della comunità ebraica. Accompagnati dallo staff del museo e dal segretario della Comunità Ebraica, Confino e sua moglie hanno percorso le sale che custodiscono secoli di storia ebraica romana, osservando documenti, oggetti rituali, fotografie e testimonianze che raccontano una storia di resistenza, cultura e spiritualità.
I Sereni rappresentano una famiglia storica della Comunità Ebraica, le cui vicende si legano strettamente con la storia d’Italia. Uno zio di Enzo Sereni fu infatti per trent’anni presidente della Comunità Ebraica di Roma, e Samuel Sereni, altro membro della famiglia, fu medico personale del Re: figure che hanno dato tanto sia alla comunità ebraica che all’Italia intera.
Enzo Sereni, pioniere del sionismo italiano, fu tra i fondatori del kibbutz Givat Brenner e combatté con coraggio durante la Seconda guerra mondiale. Fu paracadutato dietro le linee nemiche per salvare e sostenere gli ebrei sotto il nazifascismo. Fu catturato e ucciso nel campo di concentramento di Dachau nel 1944. Il legame con il fratello Angelo era fortissimo: due anime affini, unite da ideali comuni. Sua moglie, Ada Sereni – la “nonna”, come con affetto la ricorda il nipote – fu protagonista nell’organizzazione dell’immigrazione clandestina ebraica verso la Palestina mandataria, nell’ambito del progetto dell’Aliyah Bet, e non smise mai di lottare per i diritti, la giustizia e la memoria. Un’eredità che ha preso forma anche durante la visita, il nipote ha infatti camminato tra gli spazi del museo e del Tempio Maggiore con uno sguardo colmo di riconoscenza: “Costruire questo tempio fu una grande conquista – ha raccontato – e oggi vederlo così vivo è motivo di profondo orgoglio”. Un momento che non è stato solo personale, ma che ha toccato la memoria collettiva: un ponte tra passato e presente, tra chi ha costruito con coraggio e chi oggi porta avanti quei valori quotidianamente.