di Donato Grosser
La città di Sodoma era
stata condannata alla distruzione. I soli sopravvissuti furono Lot, nipote di
Avraham, sua moglie e le due figlie. Nella Torà è scritto (Bereshìt: 19:-15-17): “Quando apparve l’alba, gli angeli fecero
premura a Lot, dicendo: «Su, prendi tua moglie e le tue figlie che hai qui ed
esci; non vuoi morire per via del peccato della città». Egli esitava, ma quegli
uomini presero per mano lui, sua moglie e le sue due figlie, per un atto di
misericordia dell’Eterno verso di lui, lo fecero uscire e lo condussero fuori
della città. Dopo averli condotti fuori, uno di loro disse: «Fuggi, per la tua
vita. Non guardare indietro e non fermarti dentro la valle: fuggi sulle
montagne, per non morire!». E più in là (ibid., 23-26): “Il sole era spuntato sulla
terra quando Lot era arrivato a Zo’ar. L’Eterno fece piovere sopra Sodoma e
sopra Gomorra zolfo e fuoco. Vennero giù dal cielo mandate dall’Eterno. Egli
distrusse queste città insieme con tutta la pianura distruggendo tutti gli
abitanti delle città e la vegetazione del suolo. Sua moglie guardò indietro e
divenne una statua di sale”.
R. Joseph Beer Soloveitchik (Belarus, 1903-1993, Boston) in Mesoras Harav (p. 132) commenta che la
strada per la teshuvà (pentimento) è
aperta a molti peccatori e Dio aspetta pazientemente il loro ritorno. In altri
casi tuttavia i peccatori sono diventati una vera incarnazione del male per cui
il solo ricorso per loro è la distruzione totale. Questa tensione tra
riabilitazione e distruzione del male la troviamo anche nella ‘amidà dove preghiamo l’Eterno che
accetti la nostra teshuvà, ma anche
di distruggere i malvagi. Quando il
peccato diventa parte integrale dell’ideologia di un individuo non c’è altra
alternativa che la distruzione.
Riguardo alla sorte della moglie
di Lot vi sono diversi commenti e spiegazioni.
Rashì (Francia, 1040-1104) citando un midràsh (Bereshìt Rabbà, 3:4) commenta che la moglie di Lot
meritò la sua fine: avendo peccato con il sale, fu punita con il sale. Lot le
disse di dare un po’ di sale agli ospiti e lei gli chiese perché veniva a
introdurre questa pessima usanza. Infatti la città di Sodoma aveva proibito di
dare ospitalità agli stranieri.
R. Eli’ezer Ashkenazi (Italia, 1513-1585, Cracovia) che fu rav a
Cremona nella seconda metà del 1500, spiega in Ma’asè Hashem (p. 345) perché a Lot e alla famiglia fu proibito
guardare indietro e di fermarsi. Fu proibito loro guardare perché il sale di
Sodoma rovina la vista fino a rendere ciechi. Egli aggiunge che a Sodoma scese
una pioggia di sale e di zolfo dietro a Lot, perché se fosse scesa davanti a
Lot non sarebbero stati in grado di fuggire. L’avvertimento di non fermarsi era
stato dato perché, come quando una persona si ferma durante una nevicata e
viene ricoperta di neve, nello stesso modo, fermandosi, sarebbe stata ricoperta
da questa precipitazione di sale e zolfo.
R. Federico DeSola Mendes (Giamaica, 1850—1927, New York), citato
nel commento di r. Joseph Hertz, afferma che a Sodoma avvenne un fenomeno
simile a quello di Pompei, quando le vittime furono trovate nelle posizioni
nelle quali si trovavano quando avvenne l’eruzione. La statua della moglie di
Lot viene citata nel Talmud (Berakhòt,
54b) e Giuseppe Flavio (Gerusalemme, 37-c100 E.V., Roma) nelle Antichità
Giudaiche (I, 11, 4) scrive di averla vista.
R. Chayim Yosef David Azulai (Gerusalemme, 1724-1806, Livorno)
nell’opera Penè David commenta che le
parole “Fuggi per la tua vita e non guardare indietro” nascondono un accenno
all’ammonizione che nella vita dobbiamo dedicare il nostro tempo a scampare dal
peccato e dalle trasgressioni e usare il nostro denaro a fare beneficienza e
non guardare indietro e pensare a lasciare ricchezze ai nostri eredi.