Skip to main content

Ultimo numero Settembre – Ottobre 2024

Scarica il Lunario 5784

Contatti

Lungotevere Raffaello Sanzio 14

00153 Roma

Tel. 0687450205

redazione@shalom.it

Le condizioni per l’utilizzo di testi, foto e illustrazioni coperti da copyright sono concordate con i detentori prima della pubblicazione. Qualora non fosse stato possibile, Shalom si dichiara disposta a riconoscerne il giusto compenso.
Abbonati







    Commento alla Torà. Parashà di Vayerà: non guardare indietro!

    di Donato Grosser

    La città di Sodoma era
    stata condannata alla distruzione. I soli sopravvissuti furono Lot, nipote di
    Avraham, sua moglie e le due figlie. Nella Torà è scritto (Bereshìt: 19:-15-17): “Quando apparve l’alba, gli angeli fecero
    premura a Lot, dicendo: «Su, prendi tua moglie e le tue figlie che hai qui ed
    esci; non vuoi morire per via del peccato della città». Egli esitava, ma quegli
    uomini presero per mano lui, sua moglie e le sue due figlie, per un atto di
    misericordia dell’Eterno verso di lui, lo fecero uscire e lo condussero fuori
    della città. Dopo averli condotti fuori, uno di loro disse: «Fuggi, per la tua
    vita. Non guardare indietro e non fermarti dentro la valle: fuggi sulle
    montagne, per non morire!». E più in là (ibid., 23-26): “Il sole era spuntato sulla
    terra quando Lot era arrivato a Zo’ar. L’Eterno fece piovere sopra Sodoma e
    sopra Gomorra zolfo e fuoco. Vennero gi
    ù dal cielo mandate dall’Eterno. Egli
    distrusse queste città insieme con tutta la pianura distruggendo tutti gli
    abitanti delle città e la vegetazione del suolo. Sua moglie guardò indietro e
    divenne una statua di sale”.

                    R. Joseph Beer Soloveitchik (Belarus, 1903-1993, Boston) in Mesoras Harav (p. 132) commenta che la
    strada per la teshuvà (pentimento) è
    aperta a molti peccatori e Dio aspetta pazientemente il loro ritorno. In altri
    casi tuttavia i peccatori sono diventati una vera incarnazione del male per cui
    il solo ricorso per loro è la distruzione totale. Questa tensione tra
    riabilitazione e distruzione del male la troviamo anche nella ‘amidà dove preghiamo l’Eterno che
    accetti la nostra teshuvà, ma anche
    di distruggere i malvagi. Quando  il
    peccato diventa parte integrale dell’ideologia di un individuo non c’è altra
    alternativa che la distruzione.

                    Riguardo alla sorte della moglie
    di Lot vi sono diversi commenti e spiegazioni.

                    Rashì (Francia, 1040-1104) citando un midràsh (Bereshìt Rabbà, 3:4) commenta che la moglie di Lot
    meritò la sua fine: avendo peccato con il sale, fu punita con il sale. Lot le
    disse di dare un po’ di sale agli ospiti e lei gli chiese perché veniva a
    introdurre questa pessima usanza. Infatti la città di Sodoma aveva proibito di
    dare ospitalità agli stranieri. 

                    R. Eli’ezer Ashkenazi (Italia, 1513-1585, Cracovia) che fu rav a
    Cremona nella seconda metà del 1500, spiega in Ma’asè Hashem (p. 345) perché a Lot e alla famiglia fu proibito
    guardare indietro e di fermarsi. Fu proibito loro guardare perché il sale di
    Sodoma rovina la vista fino a rendere ciechi. Egli aggiunge che a Sodoma scese
    una pioggia di sale e di zolfo dietro a Lot, perché se fosse scesa davanti a
    Lot non sarebbero stati in grado di fuggire. L’avvertimento di non fermarsi era
    stato dato perché, come quando una persona si ferma durante una nevicata e
    viene ricoperta di neve, nello stesso modo, fermandosi, sarebbe stata ricoperta
    da questa precipitazione di sale e zolfo.

                    R. Federico DeSola Mendes (Giamaica, 1850—1927, New York), citato
    nel commento di r. Joseph Hertz, afferma che a Sodoma avvenne un fenomeno
    simile a quello di Pompei, quando le vittime furono trovate nelle posizioni
    nelle quali si trovavano quando avvenne l’eruzione. La statua della moglie di
    Lot viene citata nel Talmud (Berakhòt,
    54b) e Giuseppe Flavio (Gerusalemme, 37-c100 E.V., Roma) nelle Antichità
    Giudaiche (I, 11, 4) scrive di averla vista.

                    R. Chayim Yosef David Azulai (Gerusalemme, 1724-1806, Livorno)
    nell’opera Penè David
    commenta che le
    parole “Fuggi per la tua vita e non guardare indietro” nascondono un accenno
    all’ammonizione che nella vita dobbiamo dedicare il nostro tempo a scampare dal
    peccato e dalle trasgressioni e usare il nostro denaro a fare beneficienza e
    non guardare indietro e pensare a lasciare ricchezze ai nostri eredi. 

    CONDIVIDI SU: