È un abbraccio ideale e collettivo attorno al ricordo di Vivien Buaron
l’evento che ha visto centinaia di persone riempire la Sala Petrassi
dell’Auditorium Parco della Musica giovedì sera. Un viaggio attraverso la
musica, quella che Vivien amava, poi le testimonianze, le memorie di chi le è
stato più vicino sino alla sua scomparsa, avvenuta il 10 agosto a causa di una
malattia. Le canzoni, i brani musicali che hanno costellato la sua vita e che
in qualche modo raccontavano uno ad uno una parte della donna, della sua
eleganza, intelligenza e sconfinata generosità, si sono alternati a stralci di
memorie e riflessioni dei figli Daniel e Bettina Di Nepi, dei famigliari e
degli amici.
Durante l’evento, ideato dagli amici Maurizio Caprara, Viviana Kasam e
Berta Zezza, immagini e video di Vivi, ritratta nei momenti felici della sua
vita, si susseguivano sullo schermo.
In memoria di Vivien, così chiamata in onore della celebre Vivien Leigh,
con cui condivideva bellezza e charme, sono state interpretate canzoni della
colonna sonora della vita, scelte dai figli che hanno cercato la madre nella
musica. Da ‘Life on Mars’ di David Bowie a ‘The way you look tonight’ di Jerome
Kern, da ‘Youkali’ di Kurt Weil, cantata splendidamente da Cristina Zavalloni,
a ‘Dance me to the end of life’ di Leonard Cohen, interpretata dalla voce
avvolgente di Raiz.
Vivien Buaron era arrivata a Roma dalla Libia, in seguito alla guerra dei 6
giorni del 1967. “Vivi era una cittadina del mondo” hanno sottolineato i suoi
amici. La figlia Bettina ha ricordato che la madre cercava una esistenza
migliore, non assoggettata ad una dittatura, metaforicamente una vita
su Marte (come il titolo della canzone di Bowie). Di grande impatto la
lettura da parte dell’attrice Anna Foglietta della lettera di Herbert Pagani
indirizzata a Gheddafi. Nonostante Roma fosse diventata la sua nuova casa,
sempre con Israele nel cuore, Buaron era cresciuta in Libia e non dimenticava
né la sua infanzia né la sua forte identità ebraica rintracciabile anche
nei brani da lei amati. È il caso di ‘Dance me to the end of life’- la canzone
di Leonard Cohen è considerata un inno all’amore e alla vita ma come ricordato
dallo stesso cantante, l’ispirazione gli era venuta dopo aver letto dei gruppi
di deportati costretti a suonare nei campi di sterminio nell’abisso
dell’orrore. È anche il caso di ‘Etoile d’oro’ di Herbert Pagani, in cui si
raccontano le oppressioni e il progetto di sterminio e persecuzione del popolo
ebraico con parole toccanti e indimenticabili. Il concerto, affidato ad un cast
artistico d’eccezione e alle voci di Greta Panettieri e Walter Ricci, ha visto
il pubblico immerso in un viaggio pieno di emozioni che voleva celebrare la
vita.
Buaron se n’è andata a causa di un tumore, lottando con forza ed eleganza
anche durante le cure. Il dottor Claudio Cartoni ha ricordato come Vivien
avesse “affrontato una versione rara di una malattia comune”. La famiglia ha
scelto un progetto di cura per aiutare altri in memoria della madre, perché
“curare è donare empatia e attenzioni. È studiare soluzioni e rendere meno
difficile il percorso di malattia” come ha spiegato Cartoni, che ha ricordato
come la perdita dei capelli corrisponda per molte donne alla perdita della
propria immagine. Per questo famigliari e amici hanno scelto di raccogliere
donazioni per il progetto dell’Associazione Romail (Associazione Italiana
contro Leucemie, Linfomi e Mieloma) che si chiama “Vivien”, in onore e memoria
di Vivi Buaron, che amava gli altri e la vita.