In memoria del piccolo Stefano Gaj Taché, che perse la vita nell’attentato alla Sinagoga di Roma nel 1982, il Tempio Bet Michael ha dedicato alla sua memoria una targa in marmo. Una lastra che assume ancora più importanza in un luogo che rileva il nome ebraico della giovane vittima, e che oggi è un polo ebraico della città: la più grande risposta all’odio antisemita.
“Ricordare Stefano con la vita è la cosa più ebraica che ci sia” ha commentato Gadiel Gaj Taché, il fratello maggiore di Stefano. A quarant’anni dall’attentato terroristico palestinese contro gli ebrei di Roma, la targa è stata accolta tra gli applausi delle istituzioni comunitarie e cittadine. “Quando fummo attaccati io ero una bambina, mi ero allontanata per comprare la pizza. Ricordo il dramma e le preghiere per i feriti – ha detto Alessia Salmoni, vicepresidente del Municipio XII – da Istituzione di oggi, sento di rappresentare la vergogna delle Istituzioni di allora che avevano abbandonato i propri cittadini ebrei”. La lastra rievoca il dolore, ma sarà spunto di riflessione per chiunque si soffermerà a leggerla; costituirà un monito, affinché la tragedia del 9 ottobre 1982 diventi ancora di più parte della memoria collettiva del Paese.
Questa targa si inserisce nell’insieme delle iniziative dedicate alla commemorazione del 9 ottobre, che hanno avuto il momento più solenne con la donazione del Sefer Torah dedicato a Stefano Gaj Taché. “Cito il discorso di David Pavoncello, che lo scorso giorno ha compiuto il suo Bar-Mitzva al Bet Michael. La memoria non deve tenerci ancorati, ma spingerci al futuro, perché l’ebreo deve pensare alla vita. Allora la memoria è come il filo di un arco: più si va indietro, più veloce và la freccia verso un futuro fatto di vita” ha concluso Riccardo Pacifici, ex presidente della Comunità Ebraica di Roma e Responsabile del Tempio Bet Michael.