
È mancato all’età di 81 anni Giorgio Sestieri, per molti anni presidente della sezione italiana dell’Organizzazione Ebraica di Assistenza Sanitaria (OSE).
L’OSE rappresenta ancora oggi una realtà storica di straordinaria importanza: nata nel 1912 in Russia per garantire cure e sostegno all’infanzia ebraica, attraversò epoche e confini, proseguendo a Berlino negli anni Venti — quando tra i suoi presidenti mondiali figurò anche Albert Einstein — e poi a Parigi, dove trovò nuova vita dopo l’ascesa al potere di Hitler. Durante la Seconda guerra mondiale, l’OSE operò in modo eroico, dapprima alla luce del sole e poi nella clandestinità, salvando migliaia di bambini ebrei dalle persecuzioni. In Italia, l’OSE ha trovato nel romano Giorgio Sestieri una guida instancabile e appassionata, capace di tradurre la tradizione di solidarietà dell’organizzazione in progetti concreti e di grande valore civile. Nel 2012, in occasione del centenario dell’OSE, promosse una mostra fotografica al Complesso di Vicolo Valdina della Camera dei Deputati, dedicata tra gli altri a Raffaele Cantoni, fondatore della sezione italiana e figura di rilievo dell’ebraismo del dopoguerra. Sotto la sua presidenza, l’OSE italiana si è distinta anche per l’impegno educativo e sociale, gestendo — in seno alla Comunità ebraica di Roma — l’asilo nido privato di Viale Trastevere, divenuto un punto di riferimento per molte famiglie.
Nel ricordo di chi lo ha conosciuto e stimato, Giorgio Sestieri rimarrà una figura esemplare di dedizione, cultura e umanità. Il suo impegno per la Comunità Ebraica di Roma, discreto ma costante, ha lasciato un segno profondo, soprattutto nell’ambito dell’archivistica e della formazione delle giovani generazioni.
“Ricordo Giorgio Sestieri con tanto affetto. Feci con lui il colloquio di lavoro nel lontano 2001, quando la Comunità cercava una persona laureata in Archivistica da affiancare allo storico Claudio Procaccia, con lo scopo di aprire l’Archivio Storico della Comunità Ebraica di Roma per più di una volta a settimana, come era stato fino ad allora – ricorda Silvia Haia Antonucci – Giorgio voleva che la documentazione dell’Archivio fosse disponibile a tutti, ebrei e non. Considerava l’Archivio il custode della memoria delle famiglie ebraiche romane e non solo, fondamentale per conoscere le proprie origini e conservare nel futuro la propria identità millenaria. La sua attività è stata costante e discreta, come era il suo carattere – continua Antonucci – Proprio per questo, una delle sue ultime attività è stata, nell’ambito dell’OSE, l’organizzazione nel 2020 del “Progetto intercultura. Corso di preparazione per imparare a conoscere e far conoscere la cultura ebraica, destinato anche a chi desidera organizzare attività educative” nell’ambito del quale ho tenuto lezioni sull’ebraismo, indirizzato agli studenti della Scuola ebraica, con lo scopo di metterli in grado di essere “ambasciatori” dell’ebraismo e di rispondere a eventuali attacchi verbali antisemiti fuori dall’ambiente ebraico. È stato un precursore purtroppo inascoltato. Che la sua memoria sia di benedizione”.
Anche Claudio Procaccia, Direttore del Dipartimento beni e attività culturali della Comunità, ne traccia un ritratto commosso, intrecciando memoria personale e riconoscimento professionale. “Giorgio mi ricordava spesso la nostra parentela legata alla figura di mia nonna (Teresa Piattelli z.l.) e questo è uno dei ricordi più dolci che ho di lui. Diversamente, sul piano professionale, la Comunità deve a lui l’iniziativa di una nuova gestione dell’Archivio Storico, ampiamente condivisa dall’allora assessore all’Archivio Roberto Steindler e dalla Giunta dell’epoca. Tutti vollero portare avanti questo importante progetto che ha dato e sta dando molti frutti dal punto di vista della conoscenza della storia della nostra collettività – ha raccontato Claudio – Più di recente abbiamo condiviso la pubblicazione di un importante volume dal titolo “Fra trauma e memoria. Le ricerche di Mordko Tenenbaum nella comunità ebraica di Roma” (a cura di Enzo Campelli), che ha, tra l’altro, consentito di ricostruire l’importante ruolo dell’OSE nella gestione sanitaria di una comunità uscita a pezzi dal secondo conflitto mondiale e in particolare dalle persecuzioni razziste. Giorgio ha dimostrato per le istituzioni ebraiche uno spirito di servizio straordinario e, al netto delle sue abilità, la sua umanità ha fatto la differenza”.
“Ho conosciuto Giorgio Sestieri tanti anni fa, quando mi propose di entrare nel Consiglio dell’OSE, cosa che accettai con piacere ed entusiasmo – ha ricordato Tamara Anticoli, vicepresidente OSE – Mi resi subito conto di quanto Giorgio fosse attaccato a questo ente, che ha una storia incredibile di aiuti ai bambini e di interessi verso la parte sociale e sanitaria della società. Nel corso degli anni mi sono resa conto che Giorgio era l’OSE e l’OSE era Giorgio, perché la dedizione era totale e completa. Ha intrapreso tante iniziative di tipo sociale, come per esempio aiutare i bambini vittime degli attentati in Israele che venivano in vacanza quando avevamo la colonia di Caletta. Quella fu una sua iniziativa portata avanti con tanto zelo. Ma Giorgio non si è limitato a questo: ha organizzato momenti culturali, e promosso attività di prevenzione e di educazione, fino ad arrivare all’apertura degli asili, che sono oggi un fiore all’occhiello della nostra Comunità. Portava la propria testimonianza nelle scuole, spesso viaggiando anche fuori Roma. Non voleva ricordare solo la Shoah: voleva far conoscere l’ebraismo per quello che è, per il suo attaccamento alla vita, alla cultura, alla storia e alla filosofia. Addirittura organizzò corsi per preparare i giovani delle scuole ebraiche ad andare negli altri licei a raccontare la nostra identità”.
La scomparsa di Giorgio Sestieri lascia un vuoto profondo, ma anche un’eredità preziosa: quella di un uomo che ha saputo coniugare rigore e passione, discrezione e determinazione, memoria e futuro.













