«Ci sono eventi che nella vita di un fotoreporter restano indelebili. Per me, che ho visto e fotografato tutto per oltre mezzo secolo, la visita del Papa alla Sinagoga è stata un’emozione incredibile, che mi è rimasta addosso, dentro, per tutta la vita». Parola di Rino Barillari, il fotoreporter della Dolce Vita, dei fatti di cronaca più importanti e scottanti d’Italia, che il 13 aprile del 1986 era in prima fila al Tempio Maggiore per fotografare e raccontare la prima visita di un pontefice a una Sinagoga.
«Nel corso della mia professione come fotografo della Dolce Vita, il centro di Roma è stato chiaramente la mia seconda casa. E in quegli anni sono diventato amico di molti ebrei romani, conoscevo la loro storia, ed anche il rapporto che avevano con la Chiesa. Ad esempio mi parlavano del fatto che il Vaticano non riconoscesse lo Stato d’Israele, e questo a loro faceva molto male. Quindi, forse più di altri miei colleghi, sapevo cosa significasse quella visita».
Quella domenica pomeriggio, quando Giovanni Paolo II varca la soglia del Tempio Maggiore di Roma alle 17 in punto, accolto dal Rabbino Capo Elio Toaff, Barillari è lì ad attenderlo, con l’occhio puntato sull’obiettivo della sua Nikon manuale per immortalare quell’abbraccio storico: «Eravamo un gruppo di sette fotografi, tutti vestiti bene per l’occasione. – ricorda il fotoreporter de Il Messaggero, che nell’86 lavorava a Il Tempo -. Ero molto emozionato, perché sapevo che avrei assistito ad un evento storico. Arrivammo due ore prima dell’appuntamento, perché c’erano molte persone e dovevamo posizionarci nel posto giusto. Si respirava un’atmosfera di attesa che sembrava interminabile».
Barillari ricorda la presenza di esponenti delle istituzioni e del mondo politico «ma gli obiettivi delle nostre macchine fotografiche erano tutti puntati sui protagonisti di quel momento storico. Finita la trafila dei controlli, ci piazzammo davanti alla Sinagoga, e quando il Papa uscì dall’automobile fu una pioggia di scatti. Cogliemmo tutti l’emozione negli occhi del Rabbino Capo Elio Toaff, per me una personalità immensa che chiamavo affettuosamente il Professore, dei rabbini che erano assieme a lui, e delle alte cariche della Comunità Ebraica di Roma. Anche il Papa era molto emozionato». Rino Barillari non nasconde che fu una delle poche occasioni nella sua vita da fotoreporter in cui si è commosso: «Ne ho viste tante in vita mia. Ma quando arrivò il momento dell’abbraccio tra il Papa Giovanni Paolo II ed il Rabbino Capo Elio Toaff sono sicuro che mentre cercavamo di mettere a fuoco ed immortalare quell’istante scolpito nella memoria di tutti noi, il nostro sguardo di fotoreporter per un istante fu annebbiato dalle lacrime di commozione. Quelle lacrime non ci tradirono, ma ci aiutarono a ritrarre nel modo giusto quella pagina di storia».