La Comunità ebraica di Roma nell’immediato dopoguerra era in condizioni drammatiche: molti dei suoi membri erano stati deportati, tutti erano stati costretti a vivere in clandestinità, le istituzioni e le strutture comunitarie non funzionavano, coloro che appartenevano alla dirigenza erano in parte fuggiti all’estero, in parte costretti alla latitanza; il tessuto sociale era lacerato, gli animi provati. Eppure, in un arco di tempo relativamente breve, la Comunità ritornò a essere il punto di riferimento degli ebrei romani, funzionante e coesa, attiva religiosamente e politicamente. Vi fu una data fondamentale finalmente, dopo tanto orrore, crudeltà e paura: il 4 giugno 1944, quandol’esercito americano arrivò a Roma, liberandola dalle armate nemiche. Quella mattina, gli ebrei uscirono dai loro nascondigli e si guardarono gli uni con gli altri attoniti ed esultanti vedendo la lunga sfilata delle formazioni alleate che si snodavano per le vie della città. La tradizione vuole che, quel giorno, un giovane soldato che faceva parte della 143esima divisione Texas fu notato da una donna ebrea, la quale si accorse che al collo del ragazzo spiccava un maghen David, la stella ebraica. L’emozione della donna fu incredibile, e l’unica parola che riuscì a pronunciare al soldato fu Shalom! Quel ragazzo, ovviamente ebreo, era Charles Aaron Golub. La signora parlava solo in italiano e il ragazzo solo in inglese, ma per entrambi fu chiaro che il luogo dove dovevano dirigersiera il Tempio Maggiore, chiuso e sigillato dai tedeschi da diversi mesi. Finalmente si spalancarono le porte del Tempio: un simbolo imponente che in quel giorno rappresentò la libertà riconquistata, tanto che ancora oggi questi sigilli sono in parte conservati.
Charles Goulob scrisse anni dopo una lettera al quotidiano della città dove andò a vivere, rivolgendosi alla moglie con queste parole: “Avresti dovuto vedere l’espressione di incredula felicità sui volti della gente: che spettacolo quando la sinagoga è stata riaperta al pubblico. […] Molta gente si fermava e mi ringraziava. Se il Signore mi proteggerà come ha fatto in passato avrò abbastanza di cui essergli grato”. Il 9 giugno 1944 la comunità ebraica di Roma assieme a comuni cittadini e soldati pregarono nuovamente nel grande Tempio aperto dopo anni di lutto, devastazioni e desolazione. Nulla aveva potuto la crudeltà nazista e lo sterminio di milioni di ebrei di fronte alla determinazione ebraica di continuare a pregare; certo non ci fu giustizia per quanto accaduto, ma al centro della ripresa ci fu sicuramente il Beth Hakneset, il Tempio. Anche nei momenti più bui della storia d’Israele la volontà di pregare fu sempre mantenuta e ciò è attestato dal fatto che sebbene i nazisti avessero apposto i sigilli al Tempio Maggiore, le preghiere pubbliche ma clandestinamentecontinuarono grazie al giovane Rav Panzieri, che con grande coraggio mantenne aperta la piccola sinagoga dell’Ospedale Israelitico all’isola Tiberina. Certamente il gesto di Charles Aaron Golubrappresentò simbolicamente la rinascita della Comunità ebraica di Roma. E il 4 giugno 1944 è rimasta così una data ancor memorabile, sempre nei nostri cuori!