Alle volte la memoria ha il potere di ritornare, casualmente, per rivelarsi e raccontare spaccati del passato che sembravano essere dimenticati. Cancellati dalla polvere della storia. Così Glenn Kurtz, ha ritrovato casualmente la bobina di film amatoriale nel 2009, in un angolo dell’armadio dei suoi genitori a Palm Beach Gardens, in Florida.
Un contenitore di alluminio ammaccato, che il calore e l’umidità della Florida avevano quasi solidificato, ha detto Kurtz. Ma qualcuno, negli anni ’80 aveva trasferito buona parte del contenuto, su un nastro VHS. Kurtz ha infatti realizzato subito il contenuto della bobina: un filmato amatoriale intitolato “Il nostro viaggio in Olanda, Belgio, Polonia, Svizzera, Francia e Inghilterra, 1938”. A riportare la notizia è il New York Times.
Il film di 16 millimetri, realizzato da suo nonno, David Kurtz, alla vigilia della Seconda guerra mondiale, mostrava le Alpi, i pittoreschi villaggi olandesi e tre minuti di riprese di una vivace comunità ebraica in una città polacca, nel 1938, prima ancora che le atrocità della Shoah si abbattessero su di loro.
Vecchi uomini in kippah, ragazzi magri con il berretto, ragazze con le trecce lunghe, tutti ripresi a ridere e scherzare. Gente che si riversa attraverso le grandi porte di una sinagoga. C’è qualcuno che spinge in un caffè, e poi il filmato si interrompe bruscamente.
Kurtz, ha compreso sin da subito l’immenso valore che il materiale poteva avere: una prova della vita ebraica in Polonia poco prima della Shoah. Ci sarebbe voluto quasi un anno per capirlo, ma Kurtz ha scoperto che il filmato raffigurava Nasielsk, il luogo di nascita di suo nonno, una città a circa 30 miglia a nord-ovest di Varsavia che circa 3.000 ebrei erano soliti chiamare casa prima della guerra. Di quella città, infatti, solo cento sarebbero sopravvissuti all’inferno nazista.
Ora, la regista olandese Bianca Stigter ha deciso di servirsi del filmato frammentario per creare “Three Minutes: A Lengthening”, un lungometraggio di 70 minuti in grado di narrare ulteriormente le vicende di quella città dimenticata. “È un breve filmato, ma è incredibile quanto riesca a riprodurre e rappresentare- ha detto Stigter in un’intervista ad Amsterdam- Ogni volta che lo vedo, noto qualcosa che non ho mai visto prima. L’avrò rivisto migliaia di volte, ma riesco comunque a vedere un dettaglio che era sfuggito alla mia attenzione prima”.
Un lungo viaggio è quello che lo spettatore fa attraverso il filmato. Da quasi dimenticata all’interno della sua famiglia, la videocassetta è stata trasferita su DVD e inviata successivamente al Museo della Shoah degli Stati Uniti a Washington nel 2009, rappresentando un pezzo unico nel suo genere.
Il museo è stato in grado di restaurare e digitalizzare il film e ha pubblicato il filmato sul suo sito web. All’epoca, Kurtz non aveva idea di dove fosse ambientato il filmato, né conosceva i nomi delle persone riprese nella città. Suo nonno, emigrato dalla Polonia negli Stati Uniti da bambino, era morto prima che lui nascesse, non lasciando nessuna testimonianza di quella realtà. È iniziato così un lungo processo investigativo durato quattro anni, che ha portato Kurtz a scrivere un acclamato libro, “Tre minuti in Polonia: alla scoperta di un mondo perduto in un film per famiglie del 1938”, pubblicato da Farrar, Straus e Giroux nel 2014.
Stigter ha fatto affidamento sul libro per completare il film, coprodotto da suo marito, Steve McQueen, l’artista britannico e regista premio Oscar di “12 anni schiavo”, e narrato da Helena Bonham Carter.
Nasielsk, una piccola città che da secoli ospitava ebrei, fu conquistata il 4 settembre 1939, tre giorni dopo l’invasione tedesca della Polonia. Tre mesi dopo, il 3 dicembre, l’intera popolazione ebraica fu rastrellata ed espulsa. Le persone furono costrette a salire su carri bestiame viaggiando per giorni senza cibo e acqua verso le città di Lukow e Miedzyrzec, nella regione di Lublino, nella Polonia occupata. Da lì, furono per lo più deportati nel campo di sterminio di Treblinka.
Stigter si è imbattuta casualmente nel filmato nel 2014 grazie a Facebook, trovandolo immediatamente affascinante, soprattutto perché gran parte di questo era stato girato a colori. “La mia prima idea era solo quella di prolungare l’esperienza di vedere queste persone- ha detto la regista alla stampa- Ma mi sono accorta poi, soprattutto per quanto riguardava i bambini, che volevano essere visti e osservati. Sembrava guardassero davvero, cercando di rimanere nell’inquadratura della telecamera”.
“Three Minutes: A Lengthening” non raffigura di certo Nasielsk com’è oggi. Stigter rimpicciolisce, ingrandisce, ferma, e riavvolge; si intrufola sui sampietrini di una piazza, sui tipi di berretti indossati dai ragazzi, e sui bottoni di giacche e camicie, che venivano realizzati in una vicina fabbrica di proprietà di ebrei. Crea ancora ritratti di ciascuno dei 150 volti, non importa quanto vaghi o sfocati, e dà nomi ad alcuni di essi.
Maurice Chandler, è tra questi. Un sopravvissuto di Nasielsk che oggi ha novant’anni, è proprio uno degli adolescenti che sorridono nel filmato. È stato identificato da sua nipote, a Detroit, lo ha riconosciuto fortuitamente in una clip digitalizzata sul sito web del museo della Shoah.
Chandler, all’anagrafe Moszek Tuchendler, ha perso tutta la sua famiglia nella Shoah. Ha detto che il filmato lo ha aiutato a ricordare la sua infanzia perduta. Scherzando, ha aggiunto che poteva finalmente dimostrare ai suoi figli e nipoti “che non veniva da Marte”. Il suo contribuito è stato estremamente prezioso, poiché è riuscito a identificare altre sette persone presenti nel film.
Ecco il link per poter vedere il video: