Mentre l’invasione russa avanza in Ucraina, la popolazione civile ne paga il prezzo più alto. Mercoledì, il Rabbino Shlomo Baksht e i suoi collaboratori erano impegnati nel tentativo di spostare i 250 bambini dei tre orfanotrofi che gestiscono in Ucraina, verso ovest lontano dal confine russo. Era l’ultima possibilità rimasta per poter portare i bambini fuori dalla città di Odessa ma soprattutto da un’imminente invasione russa e verso Leopoli, città vicino al confine con la Polonia. La storia è riportata da JTA.
Tuttavia, quando le truppe russe hanno definitivamente attraversato il confine giovedì mattina presto, il piano sembrava ormai inutile. Sono state segnalate esplosioni da Kharkiv, a est di Odessa a sud, e persino nell’area di Volyn vicino a Leopoli nella parte occidentale del paese. La portata dell’invasione era immensa, e sembrava non lasciare scampo ai civili.
“Non sposteremo i bambini da un luogo bombardato verso un altro luogo bombardato, questo non ha alcun senso”, ha detto al Jewish Telegraphic Baksht, Il Rabbino, nato in Israele e residente Ucraina dal 1994.
Il resoconto di Baksht delle ultime 24 ore sottolinea l’impotenza e la confusione che molti ucraini provano davanti al quadro di un paese impoverito e assalito da una delle più importanti superpotenze del mondo. Per i membri delle comunità ebraiche ucraine, circa 50.000 persone, questa situazione comporta una serie di conseguenze estremamente complicate. Molti hanno familiari e amici emigrati negli ultimi anni, sono dunque completamente soli. Molti altri hanno paure antiche che sembrano ridestarsi, radicate nella tragica storia del XX secolo che ha macchiato le loro comunità.
Baksht ha condiviso che alcuni dei bambini a lui affidati, si erano svegliati durante la notte con il tonfo dei colpi di artiglieria che esplodevano in lontananza. “Abbiamo spiegato che c’era una guerra ma che non erano loro i colpevoli”, ha detto Baksht. “Alcuni bambini sembravano più tranquilli, ma alcuni avevano davvero paura, ed era possibile leggerla nei loro occhi”.
L’incursione è il culmine di una lenta escalation, iniziata lo scorso novembre, quando la Russia ha iniziato l’appostamento di truppe militari lungo il confine con l’Ucraina, inizialmente come reazione alle relazioni dell’Ucraina con il blocco NATO.
Durante quel periodo, molti ebrei ucraini si sentivano combattuti tra il loro desiderio di rimanere nella loro terra d’origine, l’Ucraina, e l’inclinazione a partire verso Israele per mettersi in salvo da una situazione destinata a peggiorare. Per molti di loro, questa tensione ha fatto riemergere paure e pensieri legati alle esperienze delle loro famiglie durante la Shoah, il capitolo più oscuro e doloroso della storia degli ebrei ucraini.