La Corte d’appello civile di Roma ha disposto il dissequestro in favore della Banca Centrale dell’Iran di circa 4,5 miliardi di euro dopo la decisione del tribunale di primo grado che il 14 giugno aveva deciso per il congelamento del denaro. Una iniziativa legata alla sentenza dell’ottobre 2012 con cui la Southern District Court of New York aveva condannato varie parti, tra cui la Banca Centrale dell’Iran, al risarcimento dei danni conseguenti all’attentato terroristico dell’11 settembre 2001. Il denaro si trova depositato presso la filiale italiana della banca Ubae.
L’istituto di credito iraniano, rappresentato in giudizio dallo studio Vassalli, nel ricorso per chiedere il dissequestro affermava che “pur comprendendo le sofferenze patite dei ricorrenti in dipendenza dei fatti dedotti nel giudizio statunitense ed esprimendo loro la propria sincera solidarietà”, il provvedimento di sequestro doveva essere revocato perché la banca è “totalmente estranea” ai fatti della sentenza emessa negli Stati Uniti. Per i ricorrenti, in sostanza, “non può essere ritenuta responsabile la Banca Centrale dell’Iran, per il solo fatto di essere la Banca centrale di uno Stato ritenuto a priori ed unilateralmente dagli organi politici ed esecutivi di un altro Stato ‘sponsor del terrorismo’. In sintesi, vi è una doppia presunzione di colpevolezza: quella dello Stato Iraniano e, poi, quella della sua Banca Centrale, senza che sia stato neanche indicato alcun atto o condotta illecita commessa da quest’ultima e collegato causalmente con il danno subito dai ricorrenti”. I giudici nel motivare il dissequestro affermano, tra le altre cose, che non esistono “né sotto il profilo oggettivo né sotto quello soggettivo elementi tali dai quali desumere il concreto pericolo della imminente dispersione del patrimonio” della banca iraniana.