Il numero di
vittime del terrorismo e’ diminuito lo scorso anno del 27%, a quota 18.814, e
del 43% negli ultimi tre anni, ma la minaccia rimane diffusa. E’ questo il dato
saliente della sesta edizione dell’Indice del terrorismo globale realizzato dal
think thank Institute for Economics and Peace, basato a Sydney, in Australia.
Il calo delle perdite in vite umane viene attribuito al risultato positivo
della lotta mondiale contro il terrorismo, con i risultati migliori ottenuti –
secondo i ricercatori – contro lo Stato
islamico in Iraq (-56%, 5500 morti in meno) e in Siria (- mille vittime). Secondo
gli autori del rapporto, l’84% delle vittime del terrorismo si concentra in
dieci paesi al mondo, tutti teatro di uno o piu’ conflitti armati. Inoltre nel
99% dei casi le vittime del terrorismo si registrano in paesi dove i diritti umani
vengono meno rispettati e dove i mezzi di contestazione democratici sono molto
limitati. In tutto nel mondo e’ migliorata la situazione di 94 paesi mentre la
sicurezza e’ peggiorata in altri 46, tra cui Somalia ed Egitto; in Africa
subsahariana il terrorismo ha fatto il 5% di vittime in piu’ rispetto al 2016.
In Europa, invece, il numero di atti terroristici e’ diminuito ma la minaccia
si e’ allargata ad altri otto paesi, il dato piu’ grave degli ultimi 20 anni
per l’estensione geografica del pericolo sul vecchio continente. Le quattro organizzazioni
terroristiche piu’ pericolose rimangono lo Stato islamico, i talebani, gli al Shabaab
in Somalia e Boko Haram in Nigeria e nei paesi del Lago Ciad.
Nonostante
risultati incoraggianti “non e’ l’ora del trionfalismo: c’e’ una
frammentazione dei gruppi armati, con 40 nuovi nati nel 2017, e uno spostamento
della minaccia dal Sahel-Medio oriente verso il Sud-Est asiatico, tra cui
Filippine e Myanmar”, ha sottolineato Serge Stroobants, direttore delle
operazioni Europa e membro del think thank. I governanti sono invitati a
prestare maggiore attenzione ad internet
che offre ai gruppi terroristi strumenti di grande potenzialita’ investendo
poco, orientandosi cosi’ verso una cyber guerra. A rischio radicalizzazione sono
soprattutto gli individui con un passato da criminale o delinquente, proprio
quelli piu’ ricercati dalle organizzazioni terroristiche. Infine il global index
identifica le due strade opposte percorse dai paesi europei da una parte e da quelli
musulmani dall’altra per contrastare la radicalizzazione. Mentre i primi optano
per il procedimento giudiziario e il carcere, i secondi – tra cui Egitto,
Indonesia, Marocco, Tunisia, Yemen e Giordania – favoriscono programmi di reinserimento e di
deradicalizzazione.