
Con l’elezione di Papa Leone XIV, nato Robert Francis Prevost a Chicago nel 1955, la Chiesa cattolica apre un nuovo capitolo nel cammino del dialogo interreligioso, in particolare con il popolo ebraico, e con lo Stato di Israele. Se il suo passato offre segnali di speranza, il futuro resta per ora una pagina ancora tutta da scrivere.
Leone XIV non è estraneo ai temi del confronto tra religioni. Durante gli anni di formazione al Catholic Theological Union di Chicago, studiò sotto la guida del reverendo John T. Pawlikowski, figura di riferimento nel dialogo ebraico-cristiano nel secondo dopoguerra. Intervistato dalla Jewish Telegraphic Agency, Pawlikowski – co-fondatore del Programma di Studi Cattolico-Ebraici della scuola e per anni membro del consiglio del Museo dell’Olocausto di Washington – ha ricordato il nuovo pontefice come uno “studente brillante” e “aperto”, profondamente immerso nello spirito del Concilio Vaticano II e della Nostra Aetate: il documento che nel 1965 rigettò l’antisemitismo e scagionò collettivamente il popolo ebraico dall’accusa di deicidio. Tuttavia, Leone XIV non ha finora mostrato un interesse diretto per il dialogo ebraico-cristiano. Dopo decenni trascorsi in missione in Perù e in America Latina, non ha mai operato in contesti con significative presenze ebraiche. Il suo primo discorso da pontefice, incentrato su pace e dialogo, è stato letto come una dichiarazione di principio.
Un pensiero condiviso nei messaggi di augurio giunti dai vertici dell’ebraismo italiano e mondiale. “Formulo al nuovo Papa Leone XIV appena eletto i migliori auguri di successo nell’impegnativa missione che gli è stata affidata per il bene dell’umanità. Confido nel suo impegno a mantenere e promuovere i rapporti di collaborazione, rispetto e amicizia tra le nostre comunità”, ha dichiarato il Rabbino Capo di Roma, Riccardo Di Segni. Le Comunità ebraiche italiane hanno espresso in una nota “le congratulazioni per la nomina al soglio pontificio: un augurio sincero per questo giorno di letizia che nutre le speranze e apre i cuori di tutti i fedeli delle Chiese cristiane”. Ma il messaggio si estende alle grandi questioni globali: “Le sfide storiche, le dure prove esistenziali e morali che ci troviamo a vivere in Europa e in Medio Oriente, dinanzi alle laceranti guerre e minacce, richiamano tutti, e in particolare i leader religiosi, ad altissime responsabilità verso ogni essere vivente, consapevoli dell’imperativo di agire con ogni sforzo di convivenza e ricerca della pace”. L’Ambasciatore Ronald S. Lauder, presidente del World Jewish Congress, si è congratulato con Papa Leone XIV, dicendosi “impaziente di continuare e approfondire questo dialogo essenziale in un momento di crisi globale. L’importanza di questa relazione è ancora più accentuata”.
Israele osserva con attenzione l’inizio di questo nuovo pontificato, viste anche le posizioni espresse da Papa Francesco in materia del conflitto in Medio Oriente. Le relazioni tra Gerusalemme e il Vaticano si erano raffreddate negli ultimi mesi del pontificato di Papa Francesco, in particolare a seguito delle sue dichiarazioni critiche sull’operazione militare israeliana a Gaza. Il governo israeliano ha già espresso l’auspicio che con Leone XIV si possa “rafforzare la relazione tra Israele e la Santa Sede e l’amicizia tra ebrei e cristiani nella Terra Santa e nel mondo”, come ha scritto il Presidente Isaac Herzog, e “promuovere speranza e riconciliazione tra tutte le fedi”, come ha affermato il premier Benjamin Netanyahu.
Cosa aspettarsi, dunque? Papa Leone XIV si presenta come un pontefice sobrio, pragmatico, con una sensibilità maturata durante gli anni in missione. Ha sostenuto riforme importanti, ma mantiene una postura conservatrice su temi centrali della dottrina cattolica. Il rabbino Noam Marans dell’American Jewish Committee ha sottolineato che “un papa americano fa ben sperare per il futuro delle relazioni ebraico-cattoliche”, ma resta aperta la questione centrale: il nuovo papa darà continuità alla linea di Papa Francesco? O imboccherà una via più prudente, lasciando che siano le circostanze a dettare tempi e modi?
Il 60º anniversario della Nostra Aetate, che ricorre proprio quest’anno, potrebbe rappresentare un’occasione cruciale: un momento per riaffermare pubblicamente la volontà della Chiesa di camminare accanto al popolo ebraico. Se, come ha osservato il rabbino Marans, “tutti i papi vogliono la pace”, il mondo — e la comunità ebraica in particolare — si chiede ora se Papa Leone XIV saprà anche volerla con gesti chiari, dialoghi sinceri e un rinnovato impegno verso Israele e il popolo ebraico.