È da poche ore terminata la marcia ‘Non c’è
futuro senza memoria’ in ricordo di Emanuele Artom, quest’anno
significativamente intitolata ‘Noi cittadini responsabili. Se non ci facciamo
una coscienza politica non sapremo governarci’. Le Comunità ebraiche di Torino,
Casale Monferrato e Vercelli, con la Comunità di Sant’Egidio, si sono
incontrate alla Stazione di Porta Nuova davanti al binario 17 dove è collocata la
lapide dedicata ai deportati della Seconda Guerra Mondiale. Una mattinata
dedicata a ricordare l’efferato delitto di Emanuele Artom, simbolo della persecuzione
razzista e antisemita che ha devastato la coscienza civile di una convivenza
plurisecolare nella città di Torino. Il 25 marzo 1944 il giovane Emanuele Artom
venne arrestato dalle SS, seviziato e tradotto alle Carceri Nuove di Torino,
morì per le atroci torture subite il 6 aprile 1944. Il suo corpo non fu
restituito e non venne mai ritrovato.
La marcia ha compiuto il tragitto che dalla
stazione ferroviaria conduce verso la Scuola ebraica intitolata alla memoria di
Emanuele Artom per giungere poi nella Piazzetta Primo Levi, davanti alla
Sinagoga; un itinerario che il giovane Emanuele aveva percorso centinaia di
volte dopo la promulgazione delle Leggi razziste del 1938. Un invito a
riflettere rivolto a tutta la città, soprattutto alle giovani generazioni,
perché non dimentichino la tragedia della violenza antisemita, della guerra,
della deportazione e della Shoah che ha inghiottito la vita di milioni di ebrei
e ha ferito profondamente anche la città di Torino.
Il Presidente della Comunità ebraica di Torino
Dario Disegni nel suo discorso ha messo in guardia sul costante e attuale
“riemergere di assurde teorie complottistiche che richiamano i peggiori
stereotipi antisemiti e impongono un impegno costante. I giovani – ha detto –
siano sentinelle contro il razzismo e lo contrastino fin da piccoli”. Il
Sindaco di Torino Stefano Lo Russo ha invitato i ragazzi a studiare e
diffondere la cultura, come scritto nel piano antirazzismo adottato dalla città
di Torino. Daniele Valle, Presidente del Comitato Resistenza e Costituzione
della Regione Piemonte, si è rivolto esplicitamente agli allievi delle scuole primarie
e secondarie presenti che hanno intonato canti e contribuito con letture tratte
dai Diari di Emanuele Artom: “occorre ricordare chi ha vissuto dalla parte
giusta e per i suoi ideali ha lasciato la vita”. Dopo gli accorati interventi
del Prefetto di Torino Raffaele Ruberto e di Nino Boeti Presidente provinciale
dell’ANPI, Daniela Sironi ideatrice della marcia e Presidente della Comunità di
Sant’Egidio Piemonte ha concluso spiegando il significato profondo della marcia
Artom: “questa marcia è nata per stare insieme. Se non siamo capaci di stare
insieme c’è la guerra. Stiamo insieme per conoscerci e per portare un messaggio
di amicizia e di speranza tra diversi” per non dimenticare la tragedia della
violenza antisemita, della guerra, della deportazione e della Shoah.
Oltre vent’anni fa la Comunità di Sant’Egidio
a Roma ha deciso di sostenere la memoria pubblica della deportazione degli
ebrei romani e il 16 ottobre 1943 è diventata una data di riferimento per la
memoria collettiva della città. Questa determinazione che vede di anno in anno
una Marcia della Memoria che parte silenziosa dalla piazza di Santa Maria in
Trastevere e raggiunge il Portico di Ottavia – dal 2002 intitolato “Largo 16
ottobre 1943” – per ascoltare quanto più possibile la voce dei testimoni,
raccoglie la partecipazione delle istituzioni e dei romani, specialmente
giovani e, sempre più, dei “nuovi romani”, giovani immigrati di fedi diverse,
nella convinzione che una chiara coscienza europea non può mancare
l’appuntamento con la tragedia della Shoah.
È profondo e antico il legame della Comunità
di Sant’Egidio con l’ebraismo e le Comunità ebraiche, segnato da tanti
incontri, amicizie personali, condivisione e riflessione, ascolto e
partecipazione.
Torino è parte integrante di questa rete di
città e di comunità che intendono offrire il proprio contributo spirituale e
morale alla costruzione di una coscienza europea libera dalla violenza
razzista, capace di proporsi per il proprio umanesimo solidale e pacifico,
espressione di una storia contraddittoria e dolorosa nella quale far maturare i
semi della speranza di umanità delle generazioni future.