
Il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu, in occasione della sua terza visita negli Stati Uniti in sei mesi, ha formalmente nominato il Presidente degli Stati Uniti Donald Trump al Premio Nobel per la Pace. La cerimonia simbolica si è svolta lunedì sera durante una cena ufficiale, alla presenza di alte cariche dell’amministrazione Trump e della delegazione israeliana.
Netanyahu ha consegnato personalmente la lettera di candidatura, definendo Trump “un leader che ha già realizzato straordinarie opportunità per la pace”. “La tua leadership del mondo libero, il tuo coraggio, la tua visione – specialmente in Medio Oriente – hanno aperto nuove strade per la stabilità e la sicurezza” ha dichiarato il premier. “Gli Accordi di Abramo da soli ti renderebbero degno del Nobel. Ma so che siamo solo all’inizio”. La lettera di nomina cita i successi di Trump nel facilitare la normalizzazione dei rapporti tra Israele e diversi Paesi arabi, tra cui Emirati Arabi Uniti, Bahrain e Marocco. Tali accordi, si legge, “hanno trasformato il volto della regione, promuovendo una diplomazia fondata su cooperazione, dialogo e prosperità condivisa”.
L’incontro tra Netanyahu e Trump ha rappresentato anche un rilancio dell’asse strategico tra i due Paesi, con piena convergenza su dossier sensibili come Gaza, Iran e Siria. Presente anche il Segretario di Stato Marco Rubio, che ha partecipato a una riunione preparatoria con i rispettivi team e a successivi colloqui privati. Durante la cena, il Segretario alla Difesa Pete Hegseth e l’inviato speciale Steve Witkoff hanno aggiornato i leader sugli sviluppi in corso nella regione. Trump ha espresso ottimismo sulla possibilità di un cessate il fuoco con Hamas, affermando che “il gruppo vuole incontrare e vuole un cessate il fuoco”. Witkoff ha aggiunto che “ci sono le condizioni per un accordo a breve”. Secondo fonti israeliane, tuttavia, permangono ostacoli significativi: Hamas chiede lo smantellamento del fondo umanitario per Gaza, l’apertura permanente del valico di Rafah e un ritiro israeliano più ampio. Tutte condizioni che Israele respinge.
Trump ha anche affermato che Teheran “è pronta a parlare” e che un incontro è stato fissato. Ha rivelato che l’Iran avrebbe avvisato gli Stati Uniti prima di un attacco missilistico su una base americana in Qatar, segno – secondo lui – di un “rinnovato rispetto” verso Washington e Tel Aviv. Netanyahu ha definito i recenti attacchi congiunti una “vittoria storica” contro due minacce esistenziali: “L’Iran voleva produrre 20.000 missili balistici. Nessun Paese, delle dimensioni di Israele, può sopravvivere a questo. Ma insieme abbiamo rimosso il pericolo”. Sulla Siria, il premier israeliano ha sottolineato la ritirata dell’influenza iraniana e il crollo dell’apparato di Hezbollah, aprendo – secondo lui – a “nuove possibilità di stabilità e pace duratura”. Trump ha rivelato di aver incontrato il nuovo leader siriano e di aver rimosso le sanzioni su richiesta di “diversi Paesi arabi, incluso Bibi”.
Tra i temi affrontati anche il futuro di Gaza. Alla domanda sulla proposta di Trump per il trasferimento volontario dei palestinesi, Netanyahu ha risposto: “Si tratta di libertà di scelta. Se vogliono restare, possono farlo. Se vogliono andarsene, devono poterlo fare”. Ha confermato che gli Stati Uniti stanno cercando Paesi disposti ad accogliere eventuali migranti. Netanyahu ha ribadito l’opposizione alla creazione di uno Stato palestinese, affermando: “I palestinesi devono potersi autogovernare, ma non avere il potere di minacciarci. Nessuno in Israele accetterebbe mai che la nostra sicurezza venga messa a rischio”.
Durante l’incontro, Trump avrebbe anche espresso solidarietà personale a Netanyahu per i suoi guai giudiziari, ricordando le proprie “187 accuse” affrontate durante il primo mandato. “Il processo è crollato,” avrebbe commentato, “tutti lo sanno”. In conclusione, Netanyahu ha dichiarato: “Siamo davanti a un’opportunità storica. Trump ha già reso possibile l’impossibile. Ora possiamo costruire una pace più ampia con tutto il Medio Oriente. E lo faremo, insieme”.
La portavoce della Casa Bianca, Karoline Leavitt, ha descritto l’incontro come una “cena privata ad alto livello”, aggiungendo che l’obiettivo prioritario del presidente in Medio Oriente è “porre fine alla guerra a Gaza e riportare a casa gli ostaggi”.