“Abbiamo
voluto organizzare questa Giornata di memoria della “Dante Alighieri”
soprattutto per ricordare tutti quei soci (circa 500) che nel 1938 furono espulsi
in quanto ebrei, con l’inasprirsi della legislazione razziale fascista.
Quest’espulsione, attuata abilmente dal presidente di allora, Felicioni,
fascista ortodosso, e dal giovane segretario, Caparelli ( avvenne, infatti, con
l’invio di semplici circolari, non protocollate, a tutti i presidenti dei Comitati
locali), segnò la fine sostanziale della ‘Dante’. La cui battaglia per la
promozione mondiale della lingua e della cultura italiane non aveva mai avuto
un carattere nazionalista e razzista, ma sempre nazionale, mazziniano,
irredentista”. Così Andrea Riccardi, presidente della Dante Alighieri, ha
aperto, alla sede nazionale della Società, in Palazzo Firenze, la Giornata che
la “Dante” ha voluto organizzare, il 29 ottobre, sui complessi
rapporti della Società con l’antisemitismo fascista: “rapporti – ha aggiunto
il Presidente Riccardi – sui quali, anche dopo la guerra, non si è mai voluto
indagare a fondo, preferendo, in sostanza, far finta di niente”.
Rav Riccardo
Di Segni, Rabbino capo della Comunità ebraica romana, ha ricordato gli stretti
rapporti esistiti, sin dall’ inizio, tra ebraismo italiano e cultura italiana
in volgare. Ruth Dureghello, presidente della CER, ha sottolineato l’importanza
di quest’ evento della “Dante”, “anche se è incredibile che, 80
anni dopo le leggi razziali, la cultura italiana debba ancora discutere delle
sue corresponsabilità nei fatti di allora”.
La Giornata
ha visto poi l’apposizione, all’esterno del Palazzo, d’ una targa in memoria
dei soci ebrei espulsi nel 1938: “e che, diversamente dai docenti
universitari, ricordati il 20 settembre scorso in una cerimonia a Pisa”, ha
precisato ancora la Dureghello, “non furono mai reintegrati”.