Il 4 novembre è per gli iraniani la “giornata nazionale contro l’arroganza mondiale” e ogni anno migliaia di persone scendono in strada a Teheran per l’anniversario della ‘crisi degli ostaggi’, che fece seguito alla presa dell’ambasciata Usa il 4 novembre 1979, sulla scia degli eventi della rivoluzione. Da sempre in quest’occasione risuonano slogan contro gli Stati Uniti e Israele. Il ‘braccio di ferro’ tra Iran e Stati Uniti è ripreso con particolare vigore da quando l’Amministrazione Trump ha annunciato a maggio il ritiro dall’accordo internazionale sul nucleare iraniano. Firmata nel 2015, all’epoca dell’Amministrazione Obama, quell’intesa è per Trump semplicemente “orribile” e alla guida dell’Iran c’è un “regime brutale”.
Il 4 novembre del 1979, un gruppo di studenti islamici, seguaci dell’ayatollah Ruhollah Khomeini, massima autorità religiosa dell’Iran, fece irruzione nell’ambasciata americana a Teheran – considerata un “covo di spie” – prendendo in ostaggio l’intero corpo diplomatico. Secondo gli studenti, l’ambasciata stava lavorando per sabotare la nascente Repubblica islamica, risultato della rivolta che Khomeini guidò contro lo Shah Mohammad Reza Pahlavi e che trasformò il Paese da monarchia in teocrazia. La crisi durò 444 giorni, con il rilascio degli ultimi ostaggi il 20 gennaio del 1981, in coincidenza con l’insediamento del nuovo presidente americano, il repubblicano Ronald Reagan.