Nell’inverno caldo della Francia rispunta Jean-Marie Le Pen, il fondatore del Front National, che nel 537/o numero del ‘Journal de bord’, la rubrica settimanale in cui commenta l’attualità, contesta che esista una recrudescenza dell’antisemitismo in Francia. “In Francia non c’è un antisemitismo che giustifichi una mobilitazione dell’opinione pubblica”, afferma il patriarca dell’estrema destra, in rotta con la figlia Marine Le Pen, a cui ha ceduto la guida del partito, divenuto Rassemblement National nel 2011. L’eurodeputato novantenne, abbonato alle polemiche e già condannato per le controverse uscite di connotazione razzista o antisemita, nega poi che le persone scese in piazza a Parigi per dire stop all’antisemitismo fossero 20.000, come comunicato dal Partito socialista. “Erano al massimo 10.000”, controbatte nel video. Si interroga poi sui dati del governo che indicano un aumento del 74% degli atti antiebraici nel 2018. “Settantaquattro per cento…rispetto a cosa?”, si chiede polemicamente Jean-Marie Le Pen, invocando una “lista” precisa di questi atti. Quanto agli insulti proferiti contro il filosofo Alain Finkielkraut durante la manifestazione dei gilet gialli a Parigi, a suo avviso si tratta solo di un “incidente di strada” da parte di “un convertito un po’ eccitato”. E la profanazione qualche giorno dopo di oltre 90 tombe in un cimitero ebraico è “una buona operazione di marketing”, in vista della manifestazione contro l’antisemitismo in Place de la République. “E’ stata fatta da professionisti, le svastiche non hanno sbavature”, osserva, senza mai condannare quanto accaduto, contrariamente alla figlia Marine. “Se la Francia fosse antisemita – conclude – ci sarebbero 300 o 400 o anche 1.000 cimiteri profanati”.