Il dibattito
La notizia è di quelle che sono così assurde da lasciare incerti fra rabbia e incredulità. Eccola: l’Istituto Goethe, cioè l’istituto ufficiale della cultura tedesca (non un istituto svizzero o danese), nella sua sede di Tel Aviv (non di Algeri o di Gedda), ha organizzato in occasione dell’anniversario della Notte dei Cristalli, cioè l’inizio dello sterminio nazista degli ebrei (non della festa del lavoro o della mamma), un evento così intitolato: “Afferrare il dolore degli altri – Tavola rotonda sull’Olocausto, la Nakba e la cultura tedesca della memoria”.
Che cosa è stata la Nakba
Che cosa sia “la cultura tedesca della memoria” non è chiaro, se si pensa per esempio a quanto era stato cancellato ed è uscito solo faticosamente nel corso degli anni sull’atteggiamento tedesco rispetto alla strage di Monaco o in generale sull’oblio della complicità della cultura tedesca sull’antisemitismo, da Lutero a Kant, da Fichte e Wagner a Heidegger. Ma che cosa sia la Nakba gli israeliani lo sanno bene: è il “disastro” che, secondo gli arabi, il fallimento della guerra portata da Egitto, Libano, Giordania, Siria, Iraq, Arabia (con la volonterosa collaborazione britannica), contro Israele nel 1948, con lo scopo esplicito e dichiarato di sterminarli; un’operazione che avrebbe completato in Medio Oriente il lavoro svolto da Hitler in Europa, che già era programmato durante la Seconda Guerra Mondiale, con le camere a gas mobili già pronte da trasferire in Israele e con Amin al Husseini, il Muftì di Gerusalemme, grande amico di Hitler e di Eichmann, che aveva già dato la disponibilità sua e dei suoi collaboratori per svolgere il ruolo dei carnefici. Tuttavia, le armate di Rommell furono sconfitte nel ’42 a El Alamein, in Egitto, e il genocidio non si poté estendere fino a Tel Aviv e Gerusalemme. Poi, incredibilmente, sei anni dopo, l’esercito appena formato dello stato di Israele resistette a quelli dei sei stati; gli ebrei non si fecero ammazzare e invece parecchi arabi fuggirono (ma non tutti e quelli che restarono non furono importunati). Questa è la Nakba, la memoria di un mancato genocidio, che i palestinesi celebrano, per rendere le cosa più chiare, proprio il 15 maggio, il giorno successivo a quello della dichiarazione di indipendenza dello stato di Israele.
Il dolore degli altri
Dunque secondo la “cultura della memoria” dell’Istituto tedesco di cultura, “il dolore degli altri” (degli altri, non della Germania, anche se molte vittime della Shoah erano cittadini tedeschi) non deriva solo dal fatto che la Germania abbia fatto assassinare dal suo esercito e dai suoi collaboratori stranieri (incluse le SS bosniache guidate dal Muftì) sei milioni di cittadini europei, ma anche dalla circostanza che gli arabi non siano riusciti a eliminare gli ebrei nel Mandato di Palestina.
Le teorie di Chalotte Wiederman sull’Iran e su Israele
Bisogna aggiungere che a dirigere la tavola rotonda, accanto a due “accademici israeliani” di cui non è stato dichiarato il nome, è stata chiamata una giornalista, Charlotte Wiedemann, che ha un curriculum molto interessante: postcolonianista, antieurocentrica, si dichiara affascinata dal mondo islamico, soprattutto dal bellissimo ruolo che vi hanno le donne, e in particolare si dice innamorata dall’Iran, su cui nel 2017 ancora nel 2019 ha pubblicato un libro intitolato “Il nuovo Iran. Una società che esce dal buio”. Come il nuovo Iran stia uscendo dal buio andrebbe chiesto oggi alle donne che vi perdono la vita per mano dei suoi governanti. Ma su questo non risulta che Wiederman si sia impegnata. Vale la pena di riportare qui una sua dichiarazione su questa tavola rotonda, perché ne chiarisce il senso profondamente antisemita: i tedeschi “comprendono la Nakba come parte della storia tedesca in senso ampio e gli danno spazio nella cultura della memoria. [Per capirlo] non c’è bisogno di mettersi d’accordo sulla misura in cui la fondazione dello stato di Israele sia stata anche un atto di colonialismo di chi vi si è insediato”.
Le polemiche
Ovviamente la scelta del Goethe Institut ha provocato molte critiche in Israele. Il Ministero degli esteri ha dichiarato ufficialmente che essa è “una disgrazia”, l’ambasciatore israeliano a Berlino ha protestato col ministero tedesco. La direzione dell’Istituto si è detta dispiaciuta, ma solo perché la concomitanza con il ricordo della notte dei cristalli (quando nel 1938 folle tedesche depredarono devastarono e distrussero sinagoghe, case e luoghi di lavoro ebraici) “potrebbe turbare qualcuno”, ma ha riaffermato il proprio impegno per la “cultura tedesca della memoria”, espressa come ha spiegato Wiederman, rifiutandosi di annullare l’evento, per rimandarlo invece solo di alcuni giorni, a domenica prossima. Perché quel che interessa al Goethe Institut di dire agli ebrei è evidentemente: “Sì, abbiamo fatto la Shoah. Ma in fondo anche voi con i palestinesi… E in più, siete anche colonialisti.”