Oltre cinquemila cercapersone appartenenti ai membri di Hezbollah sono esplosi simultaneamente in diverse aree del Libano, causando almeno dieci morti e circa 2.750 feriti, tra cui l’ambasciatore iraniano a Beirut, che ha riportato gravi ferite e ha perso un occhio. L’operazione, attribuita al Mossad, rappresenta uno dei più grandi atti di sabotaggio degli ultimi anni, infliggendo un colpo significativo all’organizzazione sciita libanese e ai suoi alleati iraniani. Le linee di comando di Hezbollah sono state decimate, mettendo in luce le avanzate capacità operative di Israele anche nelle roccaforti del gruppo.
Il piano del Mossad
Secondo diverse fonti, tra cui Times of Israel e Ynet, l’attacco è stato reso possibile attraverso l’infiltrazione della catena di approvvigionamento dei cercapersone ordinati da Hezbollah. Questi dispositivi erano stati acquistati da Gold Apollo, un’azienda taiwanese, ma durante il processo di produzione sarebbero stati alterati dall’agenzia di intelligence israeliana. L’analisi effettuata da diversi esperti di cybersicurezza evidenzia la complessità dell’operazione: il Mossad non solo ha impiantato gli esplosivi nei cercapersone senza essere scoperto, ma ha anche garantito che la detonazione potesse essere comandata a distanza e simultaneamente su migliaia di dispositivi.
Arutz 7 ha riportato che i dispositivi erano stati prodotti in una fabbrica europea, autorizzata a utilizzare il marchio Gold Apollo, e che il Mossad avrebbe infiltrato la catena di produzione per sabotare i dispositivi sin dall’inizio. Hsu Ching Kuang, fondatore di Gold Apollo, ha espresso profondo imbarazzo per la situazione: “Il prodotto non era nostro. È stato prodotto da una compagnia europea. È molto imbarazzante,” ha dichiarato, sottolineando che la sua azienda non aveva avuto alcun coinvolgimento diretto nella produzione dei cercapersone manomessi. La posizione della fabbrica europea resta ignota, ma questa strategia ha permesso agli agenti israeliani di alterare i dispositivi prima che fossero consegnati in Libano.
La maggior parte dei dispositivi coinvolti erano del modello AP924, sebbene altre tre varianti prodotte dalla stessa azienda siano state coinvolte. Diversi analisti di sicurezza sono rimasti sorpresi dalla sofisticatezza dell’operazione, in particolare per la capacità del Mossad di inserire una piccola quantità di esplosivo – meno di 20 grammi per ogni cercapersone – direttamente nella batteria dei dispositivi. Questa soluzione ha reso praticamente impossibile l’individuazione dell’esplosivo da parte di Hezbollah.
L’innesco è avvenuto a distanza attraverso un impulso elettronico. Yehoshua Kalisky, ricercatore dell’Institute for National Security Studies in Israele, ha suggerito che l’attivazione sia stata orchestrata tramite un impulso elettromagnetico inviato al momento giusto, causando l’esplosione dei dispositivi in modo simultaneo. Secondo il rapporto di Al Monitor, il Mossad avrebbe anticipato la detonazione quando due membri di Hezbollah avevano iniziato a sospettare un’anomalia nei dispositivi, costringendo l’agenzia ad agire rapidamente.
Le falle nella sicurezza di Hezbollah
Hezbollah, che aveva scelto di utilizzare i cercapersone come sistema di comunicazione più sicuro rispetto agli smartphone, si trova ora a dover fare i conti con una grave falla nella propria sicurezza interna. Un funzionario dell’organizzazione ha definito l’attacco “la più grande violazione di sicurezza” subita da Hezbollah dalla guerra con Israele iniziata il 7 ottobre. La portata della violazione ha colto di sorpresa anche i leader dell’organizzazione, che ora stanno conducendo indagini interne su come il Mossad sia riuscito a infiltrarsi nella loro catena di approvvigionamento senza essere scoperto.
Una nuova fase nel conflitto?
L’attacco arriva in un momento di alta tensione nella regione e potrebbe avere importanti implicazioni per il conflitto in corso. Al momento, Israele non ha né confermato né smentito la propria responsabilità per l’attacco. Tuttavia, Hezbollah ha immediatamente accusato Israele e ha promesso vendetta, considerando l’operazione una grave violazione della propria sicurezza.
Jonathan Panikoff, ex vice ufficiale dell’intelligence nazionale statunitense per il Medio Oriente, ha commentato: “Questo rappresenta il più grande fallimento di controspionaggio che Hezbollah abbia subito in decenni”. La situazione resta estremamente incerta e non è escluso che questo evento possa innescare una nuova fase di scontro tra Israele e Hezbollah, alimentando ulteriormente le tensioni nella regione.