Non è servito a fermare il boia
neppure l’appello lanciato da Marwa Barakat, la figlia dell’ex procuratore
generale Hisham Barakat assassinato nel 2015. Le autorità egiziane hanno
eseguito la condanna a morte di nove uomini giudicati colpevoli dell’omicidio
del procuratore generale egiziano nel 2015 al Cairo. I nove, hanno indicato fonti
di sicurezza e della magistratura, sono stati impiccati. La Corte di Cassazione
aveva confermato il 25 novembre 2018 la pena capitale per l’omicidio di Hisham
Barakat, il magistrato di più alto grado della procura egiziana, ucciso
nell’esplosione di un’autobomba al passaggio del suo convoglio nella capitale
egiziana. Tre di loro in particolare nel 2016 avevano denunciato di essere
stati costretti a confessare un crimine che non avevano compiuto. “Questi
giovani non sono quelli che hanno ucciso mio padre. Moriranno ingiustamente.
Per favore salvateli e arrestate i veri assassini”, aveva scritto su Facebook
Marwa Barakat. Nei giorni precedenti l’esecuzione diverse organizzazioni per la
difesa dei diritti umani avevano lanciato un appello alle autorità a rinunciare
a queste esecuzioni. “Giustiziare dei prigionieri o condannare persone
sulla base di confessioni estorte sotto tortura non è giustizia”, aveva in
particolare denunciato in una nota Amnesty International.
Senza contare le pene capitali di
oggi, Amnesty ha sottolineato che “almeno sei persone” sono già state
giustiziate in Egitto nel 2019 “dopo processi contraddistinti da accuse di
tortura”. L’attacco contro il procuratore generale, che aveva sconvolto
l’Egitto, in realtà non è mai stato rivendicato ma la polizia aveva annunciato
di aver arrestato esponenti dei Fratelli Musulmani.
Secondo un rapporto pubblicato il
22 dicembre 2018 dall’Iniziativa Egiziana per i Diritti Personali (EIPR)
durante lo scorso anno in Egitto sono state giustiziate 30 persone e oltre 600
sono state condannate a morte. Il rapporto mostra che, tra gennaio e novembre
2018, sono stati giustiziati almeno 32 imputati, in 8 casi civili e 11 casi
militari, mentre almeno 581 imputati sono stati condannati a morte in 174 casi
civili e 9 casi militari nello stesso periodo. “Le
esecuzioni sono salite alle stelle – ha dichiarato la direttrice
dell’associazione contro la pena di morte Reprieve, Maya Foa – tra abusi
diffusi, violazioni giudiziarie, torture, confessioni false e l’uso ripetuto di
processi di massa”.
A seguito del golpe militare del
generale al-Sisi, ad luglio 2013 le corti militari e civili egiziane hanno
condannato a morte 1.451 persone, per lo più membri (o sospetti tali) dei
Fratelli musulmani, alla fine di processi di massa che violano i principi
standard di equità e spesso sulla base di confessioni estorte e di detenzioni
cautelari lunghe anni. Di queste, secondo Reprieve, ne sono state
eseguite 83 tra gennaio 2014 e febbraio 2018. Più alti i numeri forniti dal
database della Cornell Law School, costruito sulla base dei report di
organizzazioni per i diritti umani: dal 2013 sono stati uccisi almeno 143
condannati a morte; tra il 2007 e il 2012 se ne contarono 12.