
C’è chi vince, chi arriva al secondo posto e chi contesta perché è rimasto a bocca asciutta. Dopo il secondo posto conquistato da Yuval Raphael all’Eurovision, naturalmente è arrivato il momento di quella che chiameremmo “eurocontestazione”, ovvero il fronte di attacco contro Israele che a suon di accuse strampalate e insinuazioni degne dei peggiori complottisti cerca (ovviamente senza successo) di far scendere lo Stato ebraico dal podio a riflettori ormai spenti. La pagina vergognosa si aggiunge ai sospiri di sollievo, alle malcelate esultazioni, da parte di molti che hanno condotto la serata, quando hanno appreso che Israele non si era classificato al primo posto.
A guidare la battaglia contro i mulini a vento è la Spagna, dove l’emittente pubblica RTVE ha chiesto all’European Broadcasting Union (EBU) una revisione del sistema di voto, con particolare riferimento a quello online. Secondo RTVE, il risultato non rifletterebbe l’opinione generale del pubblico iberico, in gran parte contrario alla partecipazione di Israele. Un dettaglio, questo, che ignora completamente il principio alla base dell’Eurovision: si vota la canzone, non la geopolitica.
A rincarare la dose è arrivata VRT, emittente fiamminga responsabile della trasmissione in Belgio, che ha chiesto “massima trasparenza” e persino minacciato il boicottaggio delle future edizioni se le loro “preoccupazioni” non verranno prese sul serio.
In mancanza di prove, le accuse appaiono come un classico caso di chi fatica ad accettare un’evidenza e si rende anche un po’ ridicolo davanti a tutto il mondo. Quando Israele partecipa e perde, va bene. Ma quando ottiene un buon risultato, ecco spuntare “reti di voto”, “campagne coordinate” e richieste di inchiesta. Il tutto con l’aggiunta di una certa dose di moralismo fuori tempo massimo, che mal si concilia con lo spirito dell’evento.
A spegnere le fiamme della polemica ci ha pensato Martin Green, direttore esecutivo dell’Eurovision, che in una nota ha ribadito l’affidabilità del sistema di televoto: “Il sistema attuale è tra i più avanzati al mondo, dotato di sofisticati meccanismi di verifica, sicurezza e analisi. Non esistono elementi che indichino brogli o favoritismi, nemmeno nel caso dei 12 punti attribuiti a Israele dagli spettatori spagnoli.” Green ha ricordato che il sistema è costantemente monitorato da esperti esterni e validato da controlli incrociati, e che ogni anno viene aggiornato proprio per garantire imparzialità e trasparenza. Il vero problema, forse, non è il sistema di voto, ma l’incapacità di alcuni di accettare che un artista israeliano possa aver emozionato milioni di spettatori.
Con l’aria che tirava all’arrivo di Yuval c’era da aspettarselo: d’altra parte tra quel gesto di minaccia di linciaggio che ha accolto l’artista e il tentativo di linciaggio mediatico, non vi è differenza alcuna. Malgrado tutto Israele è arrivato al secondo posto, una vittoria che con la portata delle forze dispiegate da tanti paesi per l’attuale campagna antisemita, è ancor più forte e importante.