
Come affrontare la nuova ondata di antisemitismo che ha invaso i social media? Esattamente con le stesse risorse: usare il mondo digitale per combattere l’antisemitismo e promuovere l’empatia e la coesistenza. Questo è il tema centrale della conferenza “Digital Peacebuilders: promoting coexistence, antisemitism awareness, and deradicalisation through social media”, tenutasi presso la sede Adnkronos a Roma.
La conferenza, organizzata e moderata da Stefania Manca, del Consiglio Nazionale delle Ricerche – CNR, è stata possibile grazie al contributo di ITDI, Memoria e verità per le vittime di terrorismo, Mozaika, European Practitioners Networks Against Antisemitism, e Federal Foreign Office.
Nella prima parte della conferenza, sono intervenuti Alexander Ritzmann, senior advisor del “Counter Extremism Project”, Rivka Rosenberg, professoressa alla Bar-Ilan University, e Evan Kapros, professore di Design e AI ethics che collabora con Mozaika, piattaforma di cultura ebraica.
Come affermato da Stefania Manca, “I social media possono rafforzare il pregiudizio oppure aprire la possibilità di conoscere e comprendere”. Ed è proprio su questo secondo potenziale che verte l’incontro, che si apre con la proiezione di video di attivisti che promuovono la pace, la coesistenza e il dialogo con l’altro. Ciò diventa possibile quando, come ha continuato Manca, “si creano ponti tra le comunità e si contrastano le narrazioni degli estremisti”.
Il Professor Alexander Ritzmann ha affermato, “Per contrastare l’estremismo, non bisogna soffermarsi solo sui singoli atti di antisemitismo, ma sulla strategia e il finanziamento degli estremisti. Si parla di una vera e proprio rete di antisemitismo organizzato.” Ritzmann ha difatti illustrato il “Counter Extremism Project”, una ONG che si occupa proprio di studiare l’antisemitismo organizzato con il fine di prevenire e contrastare l’estremismo. Per fare questo, Ritzmann ha affermato che “È necessario distinguere coloro che applicano l’antisemitismo professionale dalle persone che hanno delle idee antisemite”. Ritzmann ha inoltre evidenziato la distinzione tra chi organizza e chi commette l’atto di antisemitismo. Ma a tutto questo si aggiungono anche i diversi modi di essere antisemiti: “C’è chi usa le narrazioni antisemite per giustificare la violenza, per solidarietà al nemico del mio nemico, chi scrive commenti online che glorificano il terrorismo. L’antisemitismo sta cambiando.”
Ritzmann ha indicato come approccio per contrastare questo fenomeno una task force, “un network che possa combattere un altro network” dando la priorità all’investigazione dell’antisemitismo organizzato, della sua connessione con la criminalità, e sviluppando degli approcci che possano applicarsi sia localmente che nazionalmente.
Il secondo intervento è stato quello della prof.ssa Rosenberg della Bar-Ilan University, che adopera tecnologie avanzate come l’AI e la realtà virtuale per istruire sull’Olocausto e combattere l’antisemitismo: “Dobbiamo usare la tecnologia per diffondere empatia, resilienza e verità”. Durante le sue lezioni Rosenberg cerca di incoraggiare un attivismo creativo, utilizzando piattaforme come Virbella per “combattere l’antisemitismo tramite la tecnologia”. Rosenberg ha anche menzionato il progetto di cui si occupano i suoi genitori, “Names not numbers” volto a sensibilizzare e far conoscere le storie delle vittime e dei superstiti della Shoah nelle scuole.
A seguire, l’intervento di Evan Kapros, che ha parlato di come i commenti antisemiti sui social media usino “mezze verità, insinuazioni e provocazioni” non necessariamente per passare un concetto bensì per insinuare nel pubblico sfiducia e incertezza, il che facilita la diffusione di fake news e fa cedere alla propaganda. Kapros ha enfatizzato perciò il bisogno di usare la tecnologia per promuovere il dialogo e creare delle comunità, affermando “Quando progettiamo le tecnologie dobbiamo farlo con lo scopo di fare la cosa giusta”.
Nella seconda parte della conferenza, David Sayin ha moderato gli interventi di tre attivisti: Rawan Osman e Karoline Preisler, presenti all’evento, e John Aziz, collegato online.
Prima di porre le domande agli attivisti, è stato mostrato un contributo video di Ali Shaa’ Ban, arabo musulmano che vive in Israele e promuove nei suoi contenuti social la coesistenza tra arabi ed ebrei, sostenendo che la guerra non sia contro l’uno o l’altro ma contro l’estremismo.
“L’antisemitismo è un tema importante da prima del 7 Ottobre” ha dichiarato Karoline Preisler, attivista tedesca conosciuta per presentarsi alle manifestazioni pro Palestina con un un cartello che riporta due messaggi ben chiari: “Fino all’ultimo ostaggio” da un lato, e “Lo stupro non è resistenza” dall’altro. Preisler ha continuato, “Combatto l’antisemitismo ogni giorno e confronto gli antisemiti in maniera diretta sulle piattaforme digitali”. Preisler ha poi sfoderato il proprio cartello, raccontando “Quando vado alle manifestazioni c’è tanto chiasso, tante urla. Io sto in silenzio con questo cartello e un mazzo di fiori”, un attivismo che volge all’empatia piuttosto che alla prevaricazione.
“Non possiamo tornare al 6 ottobre” ha affermato Rawan Osman, attivista di origini libanesi e siriane che ha vissuto in ben quattro paesi arabi. Osman ha parlato di quanto siano pericolosi i social media, soprattutto per via della propaganda di Hamas che ha diversi target, tra cui i giovani. Ed è proprio questo ad averla portata ad intervenire: “Se loro possono usare i social media per mandare un messaggio, posso farlo anch’io. Racconto l’antisemitismo, faccio conoscere l’ebraismo e Israele a chi sa poco a riguardo.”
John Aziz, collegato in diretta streaming, ha dichiarato, “Da palestinese, ho il dovere morale di promuovere la pace e la coesistenza. Dobbiamo collaborare, israeliani e palestinesi, per aiutarci a vicenda e rendere il mondo un posto migliore.”
L’incontro si è concluso con la speranza che l’attuale accordo di pace resista e possa portare con sé non solo una speranza di un futuro aperto al dialogo e alla coesistenza tra israeliani e palestinesi, ma anche all’attenuazione dell’antisemitismo.













