Le operazioni di ricerca continuano senza sosta tra le rovine dell’edificio di 12 piani parzialmente crollato giovedì scorso a Surfside, vicino a Miami Beach, in Florida. I morti accertati sono 9, i dispersi 156, dati confermati dalla sindaca di Miami-Dade Daniella Levine Cava, come riporta il The Times of Israel.
Domenica scorsa i familiari delle vittime hanno visitato il luogo del disastro. Il ministro per la Diaspora Nachman Shai accompagnato da una delegazione israeliana di esperti nelle operazioni di soccorso ha affermato: “Non bisogna perdere la speranza, questo è quello che direi. È comprensibile che più tempo ci vuole, più le prospettive di trovare qualcuno vivo diminuiscono”. “Se guardi la scena, capisci che è quasi impossibile trovare qualcuno vivo. Ma non si sa mai. A volte accadono i miracoli. Noi ebrei crediamo nei miracoli” ha aggiunto.
Il colonnello delle Forze di Difesa Israeliane (IDF) Golan Vach , a capo della missione di ricerca e soccorso israeliana a Surfside, è stato abbastanza ottimista: “C’è sempre speranza”. Alla domanda se si potessero ancora trovare sopravvissuti sulla scena della catastrofe, Vach ha risposto: “C’è possibilità”. “Speriamo ancora, ma questa situazione è molto complicata”.
I soccorritori stanno utilizzando un dispositivo radar sviluppato dal Jet Propulsion Lab della NASA e dal Department of Homeland Security, che è in grado di rilevare la respirazione umana e il battito cardiaco e riesce a “vedere” in profondità fino a 8 pollici (20,32 cm) di cemento solido.
Al momento non si conoscono le cause del crollo: l’ipotesi più plausibile è che il livello di corrosione e deterioramento dello stabile siano stati causati dal sale dell’Oceano, che ha arrugginito l’acciaio della struttura. Secondo quanto riportato sabato sul New York Times, da una perizia del 2018 sullo stato del palazzo, erano già stati evidenziati importanti ‘danni strutturali’ alla lastra di cemento sotto l’edificio e ‘abbondanti crepe’ e sgretolamenti nelle colonne e nelle mura del parcheggio sotterraneo.