Attualmente esistono nel mondo circa 200 contese territoriali irrisolte. Zone, più o meno grandi, oggetto di trattative ma anche di tensioni militari o di querelle giuridiche tra Stati.
Moltissimi casi. Come ad esempio: le zone orientali dell’Ucraina, quello delle Repubbliche di Donec’ke Luhansk; la Transnistria, di fatto una repubblica dichiaratasi indipendente dalla Moldavia, anche se nessun membro delle Nazioni Unitela riconosce; il caso di Ossezia del Sude Abkhazia, territori formalmente georgiani ma che in sostanza sono sotto il controllo dei russi; il Kashmir, al centro delle rivendicazioni di potenze nucleari come Pakistan e Cina; il caso dell’isola di Taiwan, la cui indipendenza non è mai stata riconosciuta dalla Cina che ne rivendica la sovranità; le isole Senkaku/Diaoyu rivendicate da Cina e Giappone; il caso del Kosovo, la cui indipendenza dalla Serbia nel 2008 non è riconosciuta da Belgrado e da molti altri Paesi.
Le contese tra Stati non si limitano solo a zone abitate ma anche a terre disabitate (ma ricchissime di giacimenti e materie prime) come nel caso di isolotti e terre disabitate dell’artico: Canada e Stati Uniti sono ancora in disaccordo sul metodo da impiegare per tracciare la linea di confine nel Mare di Beaufort, mentre tra Canada e Danimarca la disputa sull’isola di Hans è iniziata nel 1973; nel Mar Egeo, l’isola di Imia – in greco – o Kardak – in turco – è un piccolo scoglio disabitato conteso da Grecia e Turchia; nel Mediterraneo l’isolotto disabitato di Perejil è conteso, e controllato, dal Marocco e dalla Spagna.
Tra Centro e Sud America però sono moltissime le dispute finite d
Davanti alla Corte dell’Aja pende un giudizio tra Colombia e Venezuela che litigano per il limite marittimo dell’area di Guajira; c’è la Isla Suarez – per i boliviani – o Ilha de Guajará-mirim – per i brasiliani, mentre tra Brasile e Uruguay ci sono due territori contesi: l’area del Rincon de Artigas o Rincão de Artigas, e Isla Brasileña, entrambi sotto controllo brasiliano.
L’elenco potrebbe continuare ma di tutte queste dispute giuridiche – che in alcuni casi sono degenerate in contrapposizioni militari – la Corte di giustizia dell’Unione europea ha pensato di affrontare e di trattare solo un caso: quello dei territori contesi tra Israele e Autorità Palestinese.
Ieri la Corte internazionale di Bruxelles ha sentenziato che “i prodotti originari dei territori occupati dallo stato di Israele devono recare l’indicazione del loro territorio di origine accompagnata, nel caso in cui provengano da un insediamento israeliano all’interno di detto territorio, dall’indicazione di tale provenienza”. Israele diventa così il primo e unico stato i cui beni provenienti da territori contesi sono marchiati con una speciale dicitura. Uno speciale marchio che colpisce solo Israele, proprio come il marchio di infamia che per secoli solo gli ebrei furono costretti a portare. Questa sentenza “è uno strumento di campagna politica contro Israele”, hanno reagito le autorità dello Stato ebraico preoccupate che la decisione dei giudici europei rafforzerà il movimento che da 14 anni chiede boicottaggio, disinvestimenti e sanzioni contro Israele. Accuse che Bruxelles ha respinto, negando pregiudizio nei confronti dello Stato Ebraico.
Rimane però la sgradevole certezza: l’Unione europea non ritiene di dover etichettare e segnalare ai consumatori l’olio turco prodotto nella parte settentrionale di Cipro che è sotto occupazione, né il pesce del Marocco che proviene dal Sahara Occidentale né i prodotti cinesi dal Tibet.