In IRAN la situazione è “incontrollabile”, negli ospedali “manca tutto”, anche le mascherine, ed i morti a causa del coronavirus sono “più di 7mila”, ben oltre i quasi duemila dichiarati ufficialmente dal ministero della Sanità di Teheran. E’ quanto sostiene l’attivista Taher Djafarizad, presidente dell’ong ‘Neda Day’, in un’intervista ad Aki-Adnkronos International. “In IRAN non c’è nulla. Negli ospedali non ci sono dispositivi di protezione tanto che le persone producono artigianalmente le mascherine e le portano al personale sanitario perché lo Stato è assente”, denuncia Djafarizad che parla di “più di 7mila morti” nella Repubblica islamica sulla base dei dati raccolti dalla sua organizzazione da fonti all’interno degli ospedali delle principali città del Paese, da Teheran a Mashad, da Qom a Rasht. Proprio nell’ospedale di Rasht, città di origine dell’attivista, lavora una sua fonte diretta. “Ha paura perché parecchi suoi colleghi sono morti – afferma l’attivista – Ma nessuno può rivelare quante siano le vittime e quale sia la situazione reale perché chi parla viene arrestato, messo in galera e rischia fino a tre anni di carcere”. Lo stesso capitano del Gilan, la locale squadra di calcio, Mohammad Moktari, è stato arrestato per aver contestato la decisione del governo di non mettere in ‘lockdown’ Qom, la città da cui l’epidemia si è poi propagata in tutto il Paese.
E la situazione in IRAN rischia di aggravarsi in queste settimane di vacanza per il capodanno persiano (Nowruz), sottolinea Djafarizad, evidenziando come “milioni di persone prendono la macchina e vanno in ferie soprattutto al nord, dove portano la malattia. La situazione è incontrollabile”. Oggi, tuttavia, il presidente Hassan Rohani ha annunciato un “calo” sia del numero dei ricoveri in ospedale che dei decessi, parlando di “importanti passi avanti fatti” nella lotta contro il coronavirus. Sui 20 milioni di euro in aiuti umanitari che l’Alto rappresentante dell’Unione europea per la politica estera, Josep Borrell, ha annunciato arriveranno in IRAN nelle prossime settimane, Djafarizad chiede – infine – che vengano vincolati alla liberazione di “prigionieri politici in particolare le donne, a partire da Nasrin Sotoudeh”, la nota attivista per i diritti umani vincitrice nel 2012 del premio Sakharov. (Rak/Adnkronos)