Ricordare e onorare la memoria delle vittime del nazismo attraverso uno dei temi più importanti del dibattito artistico: le opere trafugate agli ebrei durante la Shoah. Proprio su questo si è tenuto recentemente un convegno a Venezia, organizzato dall’Ateneo Veneto in collaborazione con la Fondazione Beni Culturali Ebraici in Italia, l’ufficio culturale dell’Ambasciata d’Israele a Roma e il consolato generale di Germania. Le opere d’arte sottratte agli ebrei durante la Seconda Guerra Mondiale costituiscono una prova materiale del sopruso che si è abbattuto su migliaia di innocenti. Quelle opere oggi si fanno memoria e la ricerca di esse diventa lo strumento attraverso cui provare a fare giustizia. «La restituzione è de facto una forma di memoria» ha affermato in apertura di convegno Filippo Maria Carnici, Docente presso la Ca’ Foscari di Venezia. A seguire, numerosi ricercatori, professori, storici dell’arte, legali hanno fornito spunti di riflessione.
Uno stimolo è arrivato dalla crescente attenzione da parte dei più grandi musei europei per la ricerca della provenienza delle opere acquistate durante il nazismo. Il 27 gennaio 2022, in occasione del Giorno della Memoria, il Louvre ha ufficialmente annunciato l’avvio di una collaborazione con Sotheby’s, colosso delle case d’asta, al fine di indagare sulla reale provenienza delle opere acquistate tra il 1933 e il 1945. Si ipotizza che in quegli anni molte opere appartenute a famiglie ebraiche siano passate per il territorio italiano, ma in Italia questa ricerca è ancora indietro rispetto al resto d’Europa, nonostante il nostro Paese abbia sottoscritto i 44 princìpi sull’arte trafugata dai nazisti stabiliti nella conferenza di Washington nel 1998.
Proprio un anno prima, nel 1997, era nato il Dipartimento per la restituzione di Sotheby’s, una vera task force costituita da un team di esperti con la mission di aiutare i legittimi proprietari a recuperare le opere d’arte acquistate e trasferite tra 1933 e il 1945. Sotheby’s è inoltre stata la prima casa d’aste internazionale a poter vantare un dipartimento ad hoc dedicato alla ricerca e alla restituzione delle opere trafugate dal regime nazista.
Tra il 2021 e il 2022, molte opere sono state restituite ai legittimi proprietari o agli eredi rimasti in vita. Il 28 marzo la Francia ha restituito ai familiari dell’ebrea austriaca Eleonore Stiasny un dipinto di Gustav Klimt saccheggiato dai nazisti, “Rose sotto gli alberi”, già conservato al Musée d’Orsay di Parigi. Stiasny, nipote dei collezionisti d’arte ebrei austriaci Viktor e Paula Zuckerkandl, fu costretta a vendere il dipinto nell’agosto 1938 per una frazione del suo valore reale. La donna fu successivamente deportata e uccisa dai nazisti. Il Musée d’Orsay ha acquistato l’opera sul mercato dell’arte nel 1980 senza, secondo il Ministero, aver riscontrato alcuna indicazione che si trattasse di arte saccheggiata durante la Seconda Guerra Mondiale. Oggi, dopo un lungo viaggio, l’opera è ritornata nelle mani degli eredi.
(Gustav Klimt “Rose sotto gli alberi”)
Un caso analogo si è verificato a Berlino nell’ottobre 2021. L’Alte National Galerie Museum, galleria che espone una raccolta di arte neoclassica, romantica e impressionista, ha restituito e poi riacquistato un dipinto dell’impressionista francese Camille Pissarro “Une Place à la Roche-Guyon”. Il dipinto era stato trafugato dai nazisti ed era parte della collezione dell’avvocato ebreo Armand Dorville. Il presidente del museo berlinese ha pubblicamente ringraziato la famiglia Dorville per aver permesso l’acquisto del quadro, che l’avvocato francese aveva acquistato nel 1928.
Questi due esempi testimoniano il crescente impegno sul tema. Non sarà sufficiente a rimediare alle angherie a cui gli ebrei vennero sottoposti durante la Shoah, ma la restituzione delle opere trafugate può diventare uno strumento di memoria, avvalorato dalla bellezza che solo l’arte riesce a mantenere immutata nel tempo.
(Camille Pissarro “Une Place à la Roche-Guyon”)