Durante l’udienza di oggi nell’Aula Paolo VI in Vaticano, Papa Francesco, lanciando l’appello per la pace in Ucraina, ha ricordato la Shoah, sottolineando come la storia si ripeta. Ma quella storia di 80 anni fa non si sta ripetendo nel terribile conflitto in Ucraina ed il pericolo è quello di ridurre un monito al ridimensionamento del sistematico sterminio di massa che fu la Shoah.
Ecco il passaggio dell’intervento del Pontefice: “Lunedì scorso il Centro per le Relazioni Cattolico-Ebraiche dell’Università Cattolica di Lublino ha commemorato l’anniversario dell’ ‘Operazione Reinhardt‘. Essa, durante la Seconda Guerra Mondiale, ha provocato lo sterminio di quasi due milioni di vittime, soprattutto di origine ebraica. Il ricordo di questo orribile evento susciti in tutti noi propositi e azioni di pace. si ripete, si ripete, si ripete…vediamo oggi cosa succede in Ucraina. Preghiamo per la pace”.
È opportuno ricordare che l’operazione Reinhardt, citata da Papa Francesco, fu “solo” l’inizio della Shoah, del genocidio, dello sterminio programmatico e sistematico studiato meticolosamente dai nazisti nella conferenza di Wansee. Il conflitto in Ucraina è una guerra terribile ed ha una natura ben diversa. Comparare i due eventi della storia, affermando come questa si ripeta, significa reiterare il rischio di riscriverla, di banalizzarla e appiattirla. Le situazioni globali non sono mai comparabili, ognuna ha una sua identità, per tanti aspetti. In questo caso per dimensioni e natura: la Shoah fu l’omicidio sistematico, “industriale”, di milioni di innocenti. Le guerre, seppur orribili, che il pontefice meritevolmente condanna, sono ben altro.
È notevole l’impegno di Papa Francesco nel condannare i conflitti, chiamandoli con il loro nome, nei suoi appelli spirituali che invitano alla pace nel mondo. Ciò avviene in un momento in cui la storiografia contemporanea, con posizioni molto differenti esposte in alcuni libri usciti all’indomani dell’apertura degli archivi vaticani, cerca di interpretare la scelta di Pio XII di restare in silenzio di fronte allo sterminio nazista e alla deportazione degli ebrei romani al di là del Tevere.