Mercoledì scorso, l’Australia ha inserito Hezbollah nella black list delle Organizzazioni terroristiche, senza distinzione alcuna tra l’ala militare e quella politica. “Continua a minacciare attacchi – ha riferito la ministra degli interni Karen Andrews – Rappresenta una minaccia reale e credibile per l’Australia”.
Una decisione accolta con favore da Israele, dopo che il primo ministro israeliano Naftali Bennett aveva esortato il premier australiano Scott Morrison a mettere in atto il divieto su Hezbollah durante il loro incontro alla COP26 di Glasgow.
“Ringrazio il governo australiano e il mio amico Morrison per la loro decisione – ha twittato Bennett – Continueremo ad agire in ogni modo possibile contro il terrorismo, anche in ambito internazionale”.
Altri paesi hanno agito allo stesso modo, ma non tutti hanno riconosciuto l’illegalità delle due ali del gruppo. Una scelta fortemente discussa da Israele, il cui ministro degli esteri Yair Lapid ha detto: “Hezbollah è un corpo unico e qualsiasi separazione è artificiale”.
La scelta dell’Australia segue quelle già attuate in passato. Anche la Germania ha emesso un’ordinanza federale per bandire il gruppo terroristico libanese, ed ha adottato misure per proibire qualsiasi contatto con i suoi membri e qualsiasi utilizzo dei loro simboli. Così il governo britannico, il cui ministero ha aggiunto Hezbollah alla lista dei gruppi terroristici soggetti al congelamento dei beni.
Poi la Slovenia, nel 2020, ed il Consiglio regionale della Liguria, lo sorso febbraio, si sono mosse in questa direzione, mentre l’Unione Europea ha riconosciuto la sola criminosità della sezione militare, ma non di quella politica.